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LA MACEDONIA VERSO L'U.E. alla prova del referendum sul nome e dei rapporti tra le etnie

Nel giugno scorso tra Grecia e Macedonia sono stati siglati accordi che prevedono il cambio di nome del Paese da FYROM (Former Yugoslavia Republic of Macedonia) in “Repubblica di Macedonia del nord”. Molti osservatori internazionali non hanno esitato a definire “storici” tali accordi in quanto hanno posto fine a una disputa lunga 27 anni fra i due paesi, perché Atene aveva sempre rivendicato la titolarità esclusiva del nome Macedonia per la sua regione a sud di Skopje, ricordando che non a caso vicino a Salonicco c'è la tomba di Filippo il Macedone, padre di Alessandro Magno.

Il prossimo 30 settembre i macedoni di Skopje saranno chiamati a esprimersi sull'intesa di Prespa in un importante referendum. Il sì dell'elettorato nella consultazione popolare sbloccherebbe definitivamente ogni ostacolo posto dalla Grecia all'integrazione della Macedonia nella Ue (e nell'Alleanza atlantica). Ma l'accordo raggiunto tra i governi è meno scontato nell'opinione pubblica dei due paesi. Anzi: sta suscitando proteste in ambedue Paesi. Un gruppo di oltre 70 influenti studiosi e intellettuali macedoni e stranieri ha sottoscritto una lettera aperta molto critica verso gli accordi di Prespa e contro il cambio di nome. La prima firma sulla lettera, sottoposta all'attenzione dei media locali e internazionali, è quella della professoressa e politologa Biljana Vankovska, seguita dall'accademico James Pettifer (Università di Oxford). Fra i firmatari della missiva, c'è anche lo scrittore di fama mondiale Milan Kundera. In Grecia non sono mancate fortissime manifestazioni di piazza per quella che viene considerata un'abdicazione. Ma questo non è il solo problema che rende attuale l'incontro con il ministro Ademi. La Macedonia è un Paese etnicamente plurale i rapporti tra le etnie hanno contrassegnato in misura significativa le vicende politiche del Paese. Da ciò l'attualità dell'incontro con l'esponente di un governo che non fa mistero di voler accelerare le riforme che consentano al Paese l'adesione all'Unione europea entro i prossimi sette-otto anni.


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