4)Politica fiscale e del commercio

Un altro dei temi strettamente intrecciati all’Europa è quello della politica fiscale e del commercio. Che posizione adotta in merito la sua lista/il suo gruppo europeo? Ritiene che politiche fiscali e doganali siano maggiormente efficaci se di competenza dei singoli stati o se demandate, in parte o totalmente, alle istituzioni europee? Come per la domanda precedente, che ricadute pratiche una politica così come da lei formulata potrebbe avere sul nostro territorio e sul rapporto con le aree attigue non facenti parte dell’Italia? Cosa pensa dei rapporti UE-Cina e della Belt and Road Initiative (c.d. nuova via della seta)?

 

Isabella De Monte, Partito Democratico.

L’Unione europea gestisce le relazioni commerciali con i paesi terzi sotto forma di accordi commerciali, concepiti per creare migliori opportunità di scambi e superare le barriere commerciali. La politica commerciale dell’UE è inoltre utilizzata come strumento per la promozione dei principi e dei valori europei, quali la democrazia, i diritti umani, l’ambiente e i diritti sociali. Da sempre il gruppo S&D sostiene tali accordi purchè garantiscano al contempo la protezione dei lavoratori europei da pratiche commerciali sleali. Per quanto riguarda i rapporti UE-Cina ritengo che qualsiasi tipo di rafforzamento delle relazioni tra l’UE e la Cina debbano basarsi su condizioni di parità senza subire nessun tipo di dumping ambientale e sociale.

 

Furio Honsell, Partito Democratico.

Ho già risposto che le politiche fiscali e doganali dovrebbero essere gestite da un governo sovranazionale, così come la politica estera. La competizione al ribasso tra gli stati aderenti alla UE è l’origine di tutte le disparità. È contraddittorio che chi accusa di più l’Europa, poi voglia stati sovrani più forti. Il meccanismo è esattamente l’opposto. La Cina è un soggetto internazionale molto importante ma si deve evitare di scambiarlo per Babbo Natale. Abbiamo sotto gli occhi la politica cinese in Africa, che è una forma di neo-colonialismo, che non ha portato lavoro ma solamente allargato i mercati a proprio vantaggio. Solamente un’UE unita può pesare con i suoi 500M di abitanti al confronto con il miliardo e mezzo di cittadini cinesi. Nel programma del PD c’è un punto proprio sul ruolo che l’Europa deve svolgere a tutela dell’Africa.

 

Andrea Bellavite, La Sinistra.

Siamo d’accordo con un sistema di tassazione che intervenga in modo più forte sui redditi più alti e che non penalizzi chi ha minori disponibilità finanziarie. Naturalmente è da prevedere di demandare alle istituzioni europee, in toto, la politica fiscale e doganale. Occorre altresì impedire la formazione di paradisi fiscali all’interno della stessa Unione Europea e 17 colpire l’evasione e la corruzione ancora molto presenti. Una visione europee dei dazi e delle fiscalità non potrebbe che avvantaggiare territori in precedenza penalizzati dalle differenze tra i singoli Paesi, pertanto non posso che vedere come un’opportunità questa visione politica. Sono contrario agli accordi CETA e TTIP e in generale a tutti gli accordi che privilegiano gli interessi delle società multinazionali rispetto a quelli delle persone. Lo stesso vale per i rapporti con la Cina e con gli altri Paesi del mondo, siamo favorevoli nella misura in cui sottoscritti nel rispetto dei diritti della Persona.

 

Iztok Furlanič, La Sinistra.

Bisogna eliminare i paradisi fiscali interni all’UE (Lussemburgo, Irlanda, Olanda) e andare nella direzione di una maggiore progressività fiscale, contro ogni ipotesi di flat tax. Bisogna introdurre una tassazione seria sulle transazioni (Tobin Tax) obbligando le multinazionali a pagare dove realizzano il profitto. La Cina sarà la superpotenza economica dominante nel prossimo futuro, con essa bisognerà trattare in ogni caso e la via della seta potrebbe essere un incredibile volano commerciale ed economico, ma bisogna sempre prestare particolare attenzione ai diritti dei lavoratori.

 

Federica Sabbati, +Europa.

La politica fiscale rimane competenza nazionale. Tuttavia, un maggiore coordinamento a livello europeo aiuterebbe ad assicurare che, per esempio, le grandi multinazionali siano tassate in modo corretto nei Paesi in cui operano. Il commercio internazionale, invece, è a buona ragione una competenza europea. Grazie al potere contrattuale del blocco commerciale più grande al mondo (l’UE), i consumatori europei accedono ad una gamma sempre maggiore di beni e servizi a basso costo. Dall’altro lato, le nostre imprese conquistano nuovi mercati, e le qualità dei nostri prodotti è riconosciuta e protetta da contraffazione. Sono a favore di un commercio libero, aperto, e fondato sulle regole, alla base l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Paesi come la Cina hanno dimostrato di non essere ancora economie di mercato al 100%. L’Europa deve rafforzare gli strumenti di politica commerciale per proteggersi da pratiche scorrette. Dobbiamo essere coscienti che il potere contrattuale dell’Italia è molto minore di quello europeo, quindi abbiamo tutto l’interesse a negoziare accordi con la Cina come Unione Europea, piuttosto che come 28 singoli, piccoli paesi.

Viviana Dal Cin, Movimento 5 stelle.

E' assurdo che la regolamentazione dell'Iva è ancora demandata ai singoli Stati mentre dovrebbe essere di spettanza europea dal 1993. Questo comporta per le aziende applicare aliquote IVA diverse per medesimi prodotti nei diversi paesi. Un sistema sbagliato che è anche causa di arbitraggi fiscali di aziende che operano in più nazioni e che tendono a far lievitare i fatturati nei paesi dove l'IVA è inferiore.

In generale vanno quindi riequilibrati i sistemi fiscali dei diversi paesi, altrimenti ci saranno sempre disparità fra i diversi stati. Certo, bisogna anche tener conto delle zone depresse, ed è anche evidente, per quanto riguarda Trieste, che i vantaggi del punto franco internazionale non si toccano, anzi vanno resi pienamente effettivi in quanto derivanti dal Trattato di Pace di Parigi del 1947. Ben vengano infine le iniziative con la Cina e la Via della seta, ricordo che gli unici che non avevano dubbi su questi accordi siamo stati noi del MoVimento 5 Stelle, e per questo ringrazio il nostro capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli.

 

Sandra Savino, Forza Italia.

La Belt and Road Initiative fa parte della strategia egemonica di una Cina che è ancora legata a uno statalismo di matrice comunista, dove le libertà individuali e democratiche non sono garantite. Gli accordi con la Cina sono un rischio. I valori che guidano l’Occidente sono completamente diversi da quelli cinesi e l’Europa – e non certo i singoli Stati dell’Unione - deve assumere un ruolo determinante nel difenderli. Anche sul piano della politica economica, fiscale e doganale, in difesa delle nostre imprese e del nostro lavoro dalla concorrenza sleale. Ma le regole fiscali europee devono diventare più flessibili su crescita e lavoro. La politica dell’austerità deve finire. Sono necessari più investimenti in infrastrutture, tecnologia, formazione, ricerca ed innovazione. Occorre rivedere le regole della concorrenza, avviando una nuova politica industriale europea. In Fvg le imprese innovative, che guardano al futuro, non mancano: quanto prevediamo di attuare sicuramente le agevolerà anche nei rapporti con quelle degli Stati vicini.

 

Martina Valentincic, Südtiroler Volkspartei.

Le politiche fiscali e doganali sono maggiormente efficaci se demandate, quantomeno per quel che riguarda i principi generali, alle istituzioni europee che possono adottare soluzioni di più ampio respiro, tese a raggiungere l’eguaglianza economica e sociale su tutto il territorio. Se l’Europa vuole continuare ad essere competitiva ha bisogno di finanze pubbliche in buono stato, riducendo la spesa pubblica non necessaria per stimolare la crescita economica e gli investimenti, mantenendo al contempo la giusta attenzione e garantendo risorse a sostegno delle politiche di tutela ed equità sociale.