9)La Brexit

Due anni e mezzo fa il Regno Unito ha scelto, tramite referendum, di lasciare l’UE. Ne sono seguite lunghe trattative e una difficile crisi politica interna al Regno Unito. Come valuta quanto avvenuto dopo il referendum e come ritiene che l’UE dovrebbe procedere in futuro negli ulteriori rapporti con Londra?

 

Isabella De Monte, Partito Democratico.

Il Regno Unito ha deciso due anni e mezzo fa di lasciare, attraverso un referendum, l’Unione europea. Il referendum era stato promosso dal Partito Conservatore britannico non tanto per una reale volontà di lasciare l’UE ma più per cercare di placare alcune fibrillazioni politiche all’interno del partito. Le disinformazioni sulle reali conseguenze di un’uscita dall’UE e la forte e pesante campagna a favore del “Leave”, da parte dei partiti euroscettici, ha portato alla Brexit. In questi anni di negoziati con il Regno Unito le posizione del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio sono sempre state molto chiare e volte a tutelare l’interesse dei cittadini dell’Unione. Tale chiarezza non è stata fornita dal governo britannico in quanto non riesce a trovare, all’interno del Parlamento britannico, una maggioranza per trovare un accordo sull’uscita dall’UE. Ogni futuro accordo prima di essere siglato dovrà, a mio avviso, tutelare sempre il progetto politico europeo.

 

Furio Honsell, Partito Democratico.

Lo stato di profonda incertezza a tutto svantaggio dei cittadini, anche del Regno Unito, che ha portato la lunga e ancora irrisolta vicenda della BREXIT è la dimostrazione che, a conti fatti, è molto svantaggioso uscire dalla UE. Dalla vicenda dell’Irlanda che, come Cipro, si troverebbe ad avere un muro alle innumerevoli difficoltà a cui andrebbero incontro i cittadini sia britannici che europei che si trovassero a vivere, lavorare o studiare non nel proprio paese di nascita: tutto è peggiorativo. Non credo che l’UE dovrebbe fare concessioni al Regno Unito, perché le posizioni intermedie, che pure già ci sono, non sono strategiche ma rispondono solamente ad opportunismi per i quali non c’è più tempo di fronte alle gravi problematiche.

 

Andrea Bellavite, La Sinistra.

La situazione che si è venuta a creare nel Regno Unito è incredibile e si auspica che la tappa delle elezioni possa essere un’occasione per portare a una situazione di chiarezza in grado di giovare a tutti. L’augurio è che in un soprassalto di consapevolezza ci sia un nuovo referendum con esisti opposti a quelli precedenti. Il pericolo di ritorni a egoismi nazionali e nazionalisti sulla scia delle scelte del Regno Unito è forte ed evidente. Proprio per questo, in ogni caso, da parte nostra si è intenzionati a proseguire nella politica di coesione anche con il Regno Unito, ritenendo che il programma della Sinistra Europea possa essere condiviso e portato avanti con i compagni, indipendentemente dalle decisioni dei Governi, sia pur con i correttivi che saranno imposti dalla decisione finale.

 

Iztok Furlanič, La Sinistra.

La scelta fatta dai cittadini della GB va rispettata. Nessun nuovo referendum dunque. Bisogna proseguire con le trattative per arrivare ad un percorso non penalizzante per nessuno dei due interlocutori. Chiaro appare che l’UE ha paura che, qualora l’economia della GB dopo l’uscita crescesse, ciò porterebbe anche cittadini di altri stati a seguire la stessa strada.

 

Federica Sabbati, +Europa.

Il referendum sulla Brexit nel 2016 si è tenuto in un clima di confusione e disinformazione. Gran parte della classe politica britannica si sta tutt’ora dimostrando irresponsabile e incapace di accordarsi al proprio interno sulla futura relazione con l’UE. Dal canto suo, l’UE ha invece mostrato un fronte unito e mantenuto il chiaro obiettivo di minimizzare le consequenze negative per i cittadini europei e britannici. Il Regno Unito rimarra’ un partner fondamentale per l’UE, su questo non ho dubbi. Tuttavia, l’incertezza che regna attualmente non fa bene a nessuna delle due parti, e dev’essere sciolta. La speranza in cuor mio sono I tanti giovani che ho visto marciare per un secondo referendum. Spero davvero che riescano a portarlo a termine e ovviamente che il “Remain” stavolta prevalga!

 

Viviana Dal Cin, Movimento 5 stelle.

Il caso Brexit segna una marcata discontinuita’ fra la volonta’ popolare, espressasi democraticamente per il cd. ìleaveî nel referendum popolare e la volonta’ del Governo inglese, piu’ indirizzato ad una malcelata politica di remain. Le numerose proposte e controproposte elaborate dalla premier inglese Theresa May per addivenire al deal sono tutte naufragate, e questo dimostra come difficile ed economicamente costoso sia per i cittadini di un Paese membro l’abbandono della casa comune europea. Mi sento di segnalare un dato tecnico di cui pochissimo si e’ finora parlato, che scansa ogni dubbio circa la paventata rovina dell’economia inglese che potrebbe seguire alla sua uscita dall’UE e che credo sara’ la strada che quest’ultima e il Regno Unito decideranno di percorrere: la stipulazione di un accordo di associazione e di libero scambio, che sara’ in grado di tutelare comunque il mercato fra le due realta’ ma che, ovviamente, non consentira’ al Regno Unito di avere ne’ rappresentanza istituzionale ne’ potere deliberativo in Europa.

 

Sandra Savino, Forza Italia.

Se consideriamo l’Unione europea, che pur va cambiata, una necessità, va da sé che l’uscita di qualsiasi membro non può che essere negativa, in primis per le ricadute sullo Stato che decide di isolarsi, restando da solo di fronte a un mondo sempre più complesso e dove spuntano nuovi attori protagonisti che non è detto siano amici (per noi la Cina rappresenta una minaccia). Ma anche per il resto dell’Unione. La situazione, ora, è difficile da interpretare: ci auguriamo che i britannici decidano quanto prima cosa intendono fare, dopo mesi di “no”. Dovranno essere mantenute con loro buone relazioni, ma prima pensiamo agli interessi dei 27 paesi dell’Ue. Se pensano di rimanervi, meglio, altrimenti assumano definitivamente la decisione di andarsene.

 

Martina Valentincic, Südtiroler Volkspartei.

Il referendum con il quale il Regno Unito ha scelto di lasciare l’EU ha indubbiamente rappresentato un punto di svolta del percorso di costruzione dell’Unione europea, apparentemente indebolendola. Ma proprio le difficili trattative ed il travagliato processo di realizzazione della Brexit hanno in realtà ridimensionato le posizioni euroscettiche, bloccando di fatto un processo di emulazione che pur si era paventato in alcuni Paesi membri. Questa crisi può quindi essere vista come opportunità da cogliere per individuare soluzioni nuove che facciano avanzare il progetto europeo.