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Il voto tedesco, l'agenda Juncker e il progetto Macron: quale Europa ci aspetta?

Nel castello europeo in cui si incrociano i destini di 27 Paesi e di mezzo miliardo di cittadini, tre personaggi sono assurti a protagonisti in questo inizio d'autunno: il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, con il suo discorso molto coraggioso al Parlamento di Strasburgo per dare nuovo impulso all'Unione; il presidente francese Macron, che alla Sorbona ha a sua volta avanzato una proposta seria e di lunga prospettiva per il rilancio del progetto europeo. Il terzo personaggio è la Merkel, che non ha parlato perché per lei hanno parlato le urne che ne hanno ridimensionato la forza ma confermata la leadership di governo e questo è sufficiente a fare di lei una protagonista, perché senza la Germania l'Europa non c'è.

Altri eventi sono intervenuti in questo periodo a confermare la domanda di un' Europa, più forte ed autorevole, capace di garantire la crescita e di pesare di più nel contesto internazionale.

Nella drammatica vicenda del referendum catalano, l'UE non aveva e non ha basi giuridiche per intervenire, trattandosi di questioni interne di uno stato membro; ma al di là della deplorazione per le violenze di cui Barcellona è stata teatro, forse un ruolo di mediazione per scongiurare lo scontro deflagrante delle due locomotive del sovranismo madrileno e della secessione catalana lanciate una contro l'altra a tutta velocità poteva esserci.

Nel castello europeo dei destini incrociati l'Italia non pare circolare da protagonista: le forze politiche non parlano d'Europa, prese come sono da altri problemi interni. Più attento e presente il governo, grazie anche al profilo sobrio di Gentiloni e a quello concreto e sotto traccia di Padoan.

Ma per essere attori credibili, tenuto conto che siamo un paese fondatore, ci vuole qualcosa di più: idee, un progetto ed un impegno da protagonisti. Che al momento non si intravvedono.

 


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