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L'Italia alle prese con il caos libico

A quasi 5 anni dalla morte di Gheddafi, la Libia permane nel caos.

Recentemente si è costituito un governo di unità nazionale, frutto di un defatigante negoziato internazionale per avvicinare le due parti, la Cirenaica e la Tripolitania, ma l'intesa raggiunta ha numerosi oppositori in ambedue regioni e subisce le pesanti interferenze di varie potenze regionali. Il governo non è stato ancora ratificato dal Parlamento di Tobruk.

In questa situazione di permanente instabilità, lo Stato islamico ha avuto buon gioco ad inserirsi ed è riuscito ad arrivare fino alla Sirte.

È in questo scenario che si ipotizza l'invio di un contingente militare italiano in Libia: su invito di chi? Di un Governo debole non ancora ratificato o su sollecitazione di alcune potenze occidentali?

E per fare cosa? Addestrare un esercito nazionale che ancora non esiste o per operazioni di “contro-terrorismo” ovvero contro l'ISIS?

Ma con la Libia bisogna fare i conti, perché con la chiusura della rotta balcanica, il flusso migratorio di quelli che scappano dalla Siria e dall'Iraq per raggiungere l'Europa si aggiungerà a quello libico e dei paesi del Sahel. La “quarta sponda” torna comunque di allarmante attualità.

 


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