Europa in controluce

Migranti: la Corte UE condanna l'Ungheria

Gli sviluppi della pandemia e l'aspro confronto sulle misure dell'UE per far fronte alla crisi indotta dal virus hanno oscurato una notizia che è invece molto significativa.

Con sentenza del 2 aprile Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca sono state condannate dalla Corte di Giusrizia europea per non aver ottemperato all'obbligo di accogliere una quota di migranti che nel 2015 erano arrivati in Italia e Grecia.

La condanna è motivata dalla violazione da parte dei tre Paesi di Visegrad di una decisione del Consiglio dei Ministri dell'Interno della UE, approvata a maggioranza qualificata e dunque vincolante per tutti i paesi dell'Unione.

Al di là della forte multa  che i tre paesi dovranno pagare, la sentenza è importante perché fa chiarezza su una questione e apre un serio interrogativo su un'altra.

La prima è che contrariamente a quanto si continua a dire da noi, l'Unione europea non ha lasciato sola l'Italia a gestire i flussi di migranti. Poteva fare molto di più, ma non si può negare che si sia fatta carico di un riparto tra i vari paesi. Il problema è che la decisione non è stata da tutti rispettata, anche se le quote assegnate erano minime. Ora c'è una sentenza di un'istituzione europea che attesta la violazione di un atto che aveva valore di legge.

La  seconda questione è che quella certificata dalla Corte di giustizia europea non è la sola violazione dei principi fondamentali, morali e giuridici, su cui si fonda l'UE, quali la solidareità e la democrazia.

La recente legge approvata dal Parlamento ungherese che con il pretesto della pandemia limita diritti fondamenatali dei cittadini e colpisce pesantemente la libertà di stampa, pone interrogativi seri sulla compatibilità di questo Paese nella famiglia dell'Unione europea. E la dice lunga sull'applauso che Salvini e Meloni hanno riservato a quella legge.