Europa in controluce

COVID-19: L'EUROPA C'È. E STA CAMBIANDO

Il 20 febbraio di quest'anno il bilancio dell'Unione europea su cui si stava negoziando ammontava a circa 1.094 miliardi di euro. L'infestazione del Covid-19 ha letteralmente sconvolto non solo quel negoziato, ma alcuni caposaldi dell'Unione.
 
1. Il tanto discusso Patto di Stabilità e di Crescita del Trattato di Maastricht è stato temporaneamente sospeso, permettendo agli Stati membri di superarne i vincoli e di indebitarsi per far fronte all'emergenza. E a quanto pare non tornerà più come prima.
 
2. Si è consentita la deroga alla disciplina degli aiuti di Stato, permettendo di finanziare le imprese in difficoltà.
 
3. Per garantire interventi e liquidità immediata agli stati membri, la BCE ha varato un programma (PEPP) di massiccio acquisto di titoli di stato per 750 miliardi (che potrebbero anche superare i 1000 miliardi se sarà necessario) rimborsabili a lunga scadenza e a tassi vicini allo 0.
 
4. La BEI ha stanziato 240 miliardi per garanzie alle imprese.
 
5. Altri 200 miliardi sono stati decisi dal MES (il c.d. Fondo Salva Stati) per spese dirette e indirette per la sanità da spartire senza condizionalità tra gli stati membri. Dal 15 maggio questi finanziamenti sono a disposizione e l'Italia potrebbe attingerne fino a 36 miliardi.
 
6. Il SURE, un fondo per sostenere la Cassa integrazione, ha previsto 100 miliardi di spesa e dal 1 giugno l'Italia potrà ottenerne 20.
 
7. Una proposta per il Recovery Fund sarà presentata Il 27 maggio dalla Commissione europea che andrà probabilmente oltre quella avanzata dalla Merkel e da Macron. Rispetto ai 500 md di trasferimenti diretti (donazioni, non prestiti) dell'ipotesi franco-tedesca, il commissario Dombrovskys ha già anticipato che si punta ad un intervento più articolato, che preveda finanziamenti a fondo perduto e prestiti per un importo superiore ai 1000 miliardi, ipotizzando una vigilanza della stessa Commissione perché i finanziamenti non vadano dispersi. Cioè vengano effettivamente spesi efficacemente per il rilancio economico. (L'Italia è avvertita; stia in campana).
 
Il solo elenco di queste misure dice che l'Europa c'è e sta battendo più di un colpo. Siamo oltre al doppio di finanziamenti previsti rispetto al bilancio di cui si parlava in febbraio.
 
Se poi si guarda a come è evoluto lo scenario politico europeo, ci si rende conto di cambiamenti impensabili fino a tre mesi fa.
 
C'è un profondo mutamento di registro sui c.d parametri di Maastricht, fino a ieri un vero e proprio tabù. La presidente della BCE, Christine Lagarde, il 18 maggio ha dichiarato: “Penso che questa crisi sia una buona occasione di modernizzare le modalità del Patto di stabilità e di crescita”. E se Italia, Spagna e Francia hanno valori assai alti di indebitamento, “per valutare la (loro) sostenibilità, non bisogna concentrarsi sul livello di debito rispetto al Pil. Bisogna prendere in considerazione il livello di crescita e i tassi d’interesse in vigore. Questi due fattori sono determinanti”. Giudizi impensabili in febbraio.
 
Che la Merkel, capofila fino a ieri dei c.d. Paesi “frugali” del nord Europa contrari alla mutualizzazione europea del debito per timore di dover pagare per i paesi “cicala”, abbia proposto con Macron la creazione del Recovery Fund rappresenta una svolta che va interpretata. È del tutto evidente che
 
la cancelliera si è resa conto che se anche i paesi del sud Europa non si riprendono rapidamente, l'interdipendenza che li lega con l'economia tedesca (l'Italia è il principale mercato europeo dell'industria automobilistica tedesca, e assicura una parte fondamentale della componentistica per questo comparto, che entrerebbe i crisi in assenza delle forniture italiane) rischia di trascinare nel gorgo di una crisi fuori controllo anche la Germania, considerata anche l'estrema incertezza del commercio internazionale con i paesi extra europei.
 
La Merkel ha finito così col condividere quello che poteva sembrare uno slogan “ci si salva se si salvano tutti”. E sta cambiando rotta.
 
L'Italia saprà farlo per quel che la riguarda? La palla al piede che ha frenato da decenni lo sviluppo del nostro paese va eliminata con un impegnativo programma di riforme. Che - come ha sottolineato ieri il sottosegretario all'Economia, Antonio Misiani, vanno fatte “non perché ce le chiede l’Europa, ma perché servono per fare ripartire l’Italia”. Riorganizzare la sanità alla luce delle carenze emerse nel corso della pandemia, e del nuovo pericolo che ci ha proposto, dovrebbe rappresentare un investimento per la stessa ripresa economica.
 
Sul tavolo i dossier non mancano: lotta all'evasione fiscale, che sottrae al bilancio statale 110 miliardi all'anno; snellimento della burocrazia; accelerazione dei tempi della giustizia, ecc. E utilizzo dei finanziamenti europei non solo per coprire i buchi o le voragini che si sono aperte, ma per impostare il nuovo - è ancora Misiani a dirlo - “secondo le priorità dell’Agenda strategica europea: green deal, transizione digitale, completamento del mercato interno e ricerca”.
 
Un impegno da far tremare vene e polsi; ma o lo si assume o per il nostro Paese non c'è futuro. Adesso tocca a noi. Checché ne dicano i sovranisti di casa.