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La Giornata dell'Europa e il futuro per i giovani

Non è facile, nell'attuale situazione, valorizzare la Giornata dell'Europa, che cade il 9 maggio di ogni anno, in memoria della dichiarazione Schuman del 1950, considerata il punto d’inizio della costruzione di quella che è oggi l’Unione Europea. Qualcuno potrebbe addirittura chiedersi, più o meno strumentalmente, se ne valga la pena. Io sono convinto che si debba raccontarla e renderla viva, soprattutto per i più giovani, che altrimenti rischiano di percepire l'UE lontana ed estranea alla loro vita, e mi chiedo in quante scuole italiane quest’anno si dedichi almeno un'ora per parlarne, senza timore di cadere nella retorica o di adempiere ad un obbligo solo formale.

Non chiamiamola “festa dell'Europa” innanzitutto, perché potremmo essere accusati di disattenzione se non di insensibilità per quel che succede nel resto del mondo ma anche al suo interno: la guerra nel cuore dello stesso continente europeo e alle porte dell'Unione Europea, i problemi ambientali ed energetici, i flussi migratori, la situazione nel vicinato a sud (Nord Africa) e ad est (Balcani), le tragedie come quella del Sudan, la situazione dei diritti civili in Iran e non solo, ecc. Ma anche perché parlare di festa dell'Europa dà l'idea di qualcosa di cristallizzato, da rievocare come un evento storico del passato, quasi come fosse solo un capitolo per i libri di storia.

Chiamiamola, correttamente, “Giornata dell'Europa”, perché sia uno spazio di riflessione e dibattito, per dare il giusto valore a quanto è già stato fatto (ed è stato fatto tanto ma purtroppo è ben poco noto, e non solo tra i più giovani), senza tacere carenze, passi falsi e fallimenti (come quello della costituzione europea e, molto prima,  della CED,  la Comunità Europea di Difesa, tornata di attualità solo con l'aggressione della Russia all'Ucraina), ma soprattutto evidenziare quanto si può ancora fare. Di sicuro l’UE è già il più grande spazio di libertà e democrazia al mondo, anche se imperfetto e il suo sistema decisionale è il più trasparente che ci sia, di gran lunga più trasparente di quello dei suoi stati membri.

Che l’UE non abbia - e non possa avere - tutte le risposte, e soprattutto non possa imporle agli stati membri, è evidente, ma di certo si pone le domande giuste, e queste riguardano soprattutto i giovani. Non a caso il 2022 è stato proclamato proprio l'anno europeo dei giovani e il 2023 quello delle competenze, che sono lo strumento grazie al quale i giovani possano sfuggire alla precarietà e all'impossibilità di uscire dalle mura familiari, non potendo far fronte ad un mutuo per l'acquisto della casa e nemmeno sostenere il costo di un affitto, come stiamo leggendo proprio in questi giorni. Ma soprattutto il “Next Generation EU”, il più grande programma mai avviato dall’UE - finanziato per la prima volta grazie al debito comune degli stati membri, e che alimenta Il nostro PNRR nazionale - è tutto rivolto a creare un ambiente più favorevole, sotto tutti gli aspetti - inclusi quelli ambientali, giustamente cari ai giovani – per le prossime generazioni di europei.

Se dovessimo fallire nel dare ai più giovani e alle prossime generazioni un Paese che offra loro più opportunità e non li spinga ad espatriare o a rassegnarsi, almeno non diamo la colpa all'Europa!

Giorgio Perini

 

Foto: European Union