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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 05/02

Da quando nel 1963 Francia e Germania firmarono il “Trattato dell’Eliseo”, l’asse franco-tedesco è stato il motore indiscusso dell’Unione europea. Se in qualche caso la visione di Berlino e quella di Parigi non erano in sintonia, la volontà politica di presentare sempre e comunque un fronte compatto ha prevalso anche sulle divergenze. Dall’uscita di scenda di Angela Merkel sembra tuttavia che l’unità d’intenti tra i due paesi presenti qualche incrinatura; e sono in particolare alcune titubanze del Cancelliere Scholz ad accreditare questa percezione. Forse anche questo ha contribuito a suscitare un nuovo attivismo diplomatico di Emmanuel Macron, che dopo aver firmato un trattato bilaterale con l’Italia nel 2021, ha ora replicato l’iniziativa con la Spagna (la notizia, corredata da un interessante commento dell’agenzia americana Associates Press si può leggere qui). Ancora più interessante tuttavia è l’analisi proposta da Linkiesta su cosa abbia significato per il premier spagnolo Sanchez la firma del trattato a Barcellona in termini di “ridimensionamento” dell’indipendentismo catalano che solo un paio di anni fa sembrava sul punto di mettere in discussione l’unità del paese (leggi).

 

L’indebolimento dell’asse franco-tedesco, o almeno la minore assertività dei due governi nel proclamare la reciproca comunità di intenti, è anche una conseguenza indiretta del terremoto geopolitico scatenato dall’attacco russo all’Ucraina. Contrariamente agli auspici di Vladimir Putin, violando le frontiere ucraine la Russia ha suscitato un nuovo protagonismo della Nato. Tale protagonismo non è sorto spontaneo nel quartier generale dell’Alleanza atlantica, ma è stato fortemente influenzato dalla veemente reazione della Polonia e dei paesi baltici. Accogliendo milioni di profughi e diventando di fatto la piattaforma logistica per l’invio di armi occidentali all’Ucraina, la Polonia si è ritagliata un ruolo di primo piano, riacquisendo il prestigio che negli ultimi anni era stato appannato dalle politiche illiberali ispirate dai Kaczyński. Nel breve volgere di qualche mese quindi, il centro di gravità della Nato si è spostato ad est, lasciando in una posizione ben scomoda sia la Germania che la Francia. Analizza questa particolare fase dei rapporti tra paesi alleati Massimo Nava sul sito del CESPIleggi.

 

Come spesso accade, prendendo lo spunto da casi individuali e situazioni ben specifiche sottoposti al loro vaglio, le corti di giustizia giungono a formulare sentenze che contengono provvedimenti di valenza generale. È così accaduto nel caso della decisione del 25 gennaio 2023 della Corte europea dei diritti dell’uomo (che si può leggere accedendo a questa pagina) in merito all’ammissibilità di un ricorso presentato dall’Ucraina contro la Russia. Nel motivare la propria posizione, che ha giudicato il ricorso parzialmente ammissibile, la Corte ha stabilito formalmente che la Russia aveva il “controllo effettivo” delle regioni separatiste dell’Ucraina orientale fin dal maggio 2014, aprendo la strada alla possibile condanna della Russia stessa nel caso di violazione dei diritti umani in tali regioni. Alle conseguenze giuridiche (e politiche) della decisione ha dedicato un articolo il sito EUobserverleggi.
 

 


La popolazione della Repubblica ceca rappresenta poco più del 2% della popolazione dell’Unione europea, ma quel 2% ha recentemente lanciato alcuni segnali assai significativi per tutta l’Unione e non solo. Innanzi tutto, mentre negli ultimi anni nei nostri paesi la partecipazione alle elezioni risulta sempre più scarsa, cosicché chi viene eletto è di fatto scelto da una piccola minoranza dei cittadini, al ballottaggio per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica ceca si è recato alle urne ben il 70% degli aventi diritto. In secondo luogo, l’eletto, Petr Pavel, è un convinto europeista ed atlantista che ha impostato la propria campagna elettorale evitando ed anzi condannando i toni populisti e nazionalisti. Populismo e nazionalismo erano per contro alla base della propaganda di Andrej Babiš, il candidato sconfitto. La Repubblica ceca, va ricordato, è uno dei quattro membri del Gruppo di Visegrád, a lungo percepito come pietra d’inciampo di molte politiche dell’UE, ma ora molto depotenziato. Budapest e Varsavia sono divisi dalle posizioni assai distanti circa la guerra in Ucraina, mentre la Presidente slovacca Zuzana Čaputová si è recata personalmente a Praga per congratularsi con il neoeletto Pavel, del quale condivide i sentimenti pro-europei. Populismo e nazionalismo tentennano nelle loro roccaforti. Per saperne di più sul significato della vittoria di Petr Pavel, si suggerisce la lettura di un’analisi italiana, proposta da Eastjournal (leggi) e di una d’oltre Oceano, del Center for European Policy Analysis – CEPA (leggi).

 

È proverbiale l’attaccamento alle tradizioni degli abitanti del Regno Unito e tra le tradizioni dell’universo istituzionale britannico c’è quella che prevede l’eclissarsi dall’agone politico di un Primo Ministro sconfitto alle elezioni o costretto a dimettersi. Suscita quindi una certa perplessità oltremanica l’attivismo di Boris Johnson, che non esita ad intervenire in prima persona nel dibattito politico, anche con stoccate a Rishi Sunak, attuale Primo Ministro e leader del Partito conservatore cui appartiene ovviamente lo stesso Johnson. Certo la situazione di Sunak non è delle migliori. Grava su tutto la sua debolezza politica, ma soprattutto le persistenti difficoltà economiche del paese causate dalla congiuntura internazionale ma aggravate dalla Brexit (si veda l’analisi della BBCleggi). A cento giorni dall’inizio del suo mandato alla guida del Governo del Regno, Rishi Sunak ha una strada ardua davanti a sé, come spiega il mensile Tempi (leggi), vicino a Comunione e liberazione.

 

Anche in Grecia, dove le affinità con l’Italia sono innumerevoli, una delle parole che campeggiano sui giornali e nei media in queste settimane è “intercettazioni”. Tuttavia, mentre in Italia il dibattito in merito riguarda l’uso dello strumento nell’ambito delle indagini giudiziarie, in Grecia si riferisce ad uno scandalo politico seguito alla scoperta, denunciata dal partito di opposizione Syriza, che personaggi di primo piano (quali il Ministro del Lavoro e il Capo delle Forze armate) erano sottoposti a sorveglianza e i loro telefoni intercettati da parte dei servizi segreti. In realtà lo scandalo era scoppiato già l’estate scorsa, ma le resistenze interne ad un chiarimento definitivo hanno recentemente spinto il Parlamento europeo ad occuparsi della vicenda, in merito alla quale ha scritto Euractiv.itleggi.