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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 11/12

Quando nel febbraio del 2021 Mario Draghi assunse la carica di capo del Governo italiano, il prestigio di cui già godeva gli permise di trovare porte aperte presso le massime sedi istituzionali mondiali. Nell’UE in particolare, i leader di Francia e Germania, cioè dei due paesi sulla cui collaborazione si è sempre fondata qualsiasi dinamica comunitaria, sono stati lieti di aggiungere una sedia al loro tavolo per poter beneficiare dell’esperienza dell’ex banchiere centrale. Uscito di scena Draghi, il duumvirato franco-tedesco è apparso improvvisamente disomogeneo, con Scholz che ancora non riesce a far prova dell’assertività che fu di Angela Merkel, e Macron assediato politicamente in patria. Il viaggio ufficiale negli Stati Uniti è allora servito al Presidente francese per cercare di accreditarsi come il vero primus inter pares europeo, valido rappresentante dell’intera Unione. Commenti di fonti diverse relativi alla visita di Stato di Macron a Biden sono richiamati in un articolo pubblicato sul portale Startmag.it, dove ci si sofferma in particolare sul nodo dell’Inflation Reduction Act (IRA)leggi.

 

Il ruolo di primus inter pares non piace tuttavia solo a Macron e non sembra ci sia in genere una grande accondiscendenza tra i partner europei nei confronti di una Francia solitaria guida virtuale dell’UE. Con la guerra in Ucraina e con il rilancio e consolidamento dell’alleanza atlantica Berlino sta prendendo decisioni per molti versi storiche, optando per il raggiungimento in tempi brevi dell’obiettivo del 2% del bilancio destinato alla difesa. Con un’economia che si è rivelata più fragile del previsto, la Germania è ormai (e almeno per il momento) l’ex locomotiva d’Europa; ma il suo riarmo potrebbe ridarle la centralità appannata. I giochi sono complessi; si parla di grandi commesse per l’acquisto di armamenti, con la solidarietà intra-europea che si incrina e contratti miliardari che prendono la via degli Stati Uniti. E se – magari dopo la fine della guerra in Ucraina – a risultare disastrato fosse l’impianto istituzionale dell’UE? Un’interessante lettura sul riarmo tedesco è disponibile sul sito dell’Istituto Analisi Relazioni Internazionali – IARIleggi.

 

Un po’ sorprendentemente non sembra suscitare molta preoccupazione il fatto che il Regno Unito, quinta potenza economica mondiale, continui ad incontrare difficoltà, a non riuscire a dispiegare il proprio potenziale, a proporre soluzioni rabberciate a problemi che devono essere risolti in modo fermo. In realtà, le Istituzioni di Bruxelles sono forse quelle che si rendono maggiormente conto della situazione e di quali danni possano derivarne ai paesi dell’Unione. Per questo la Commissione ha già fatto diversi passi per venire incontro a Londra almeno nella gestione del post-Brexit (una proposta articolata fu presentata nell’ottobre del 2021 relativamente al protocollo per l’Irlanda del nord, ma non è stata accolta da Londra). La realtà sul terreno è molto complessa. Un articolo sul sito della BBC in merito alla grave crisi che attraversa il comparto agricolo britannico dà la dimensione della gravità del problema (leggi).

 

Rimanendo in tema di agricoltura, si segnala che, con due anni di ritardo causato dalla pandemia, ad inizio 2023 entrerà in vigore la nuova Politica agricola comune (PAC). Principale beneficiaria del bilancio comunitario (di cui rappresenta attualmente il 30% circa), la PAC è stata ripetutamente riformata (leggi dal sito della Commissione), continuando nondimeno ad essere oggetto di critiche feroci e di contrapposizioni tra gli Stati membri, a seconda dell’importanza dei rispettivi settori agricoli. Ora, a pochi giorni dall’applicazione dei regolamenti frutto di un difficile compromesso politico-istituzionale, il sito dell’Investigative Reporting Project Italy ha pubblicato un’approfondita analisi dei flussi di finanziamento della PAC, evidenziando come nonostante le correzioni introdotte le grandi aziende agricole continuino a beneficiare di gran parte dei fondi disponibili, mentre i piccoli produttori sarebbero penalizzati. I maggiori dubbi riguardano tuttavia quello che viene percepito come un inadeguato sforzo nel contrasto al cambiamento climatico: leggi. Quest’ultima critica concerne anche il Piano strategico italiano sulla PAC, recentemente approvato a Bruxelles (qui la notizia apparsa sul sito specializzato Agrifood.tech).

 

Nel paio d’anni che ha preceduto l’ingresso nell’UE di dieci nuovi Stati membri (2004) si sviluppò in Europa un interessante dibattito sull’opportunità o meno di procedere ad un tale allargamento in blocco, pur sapendo che non c’era omogeneità nei livelli di preparazione dei diversi paesi. L’analisi di quelli che sarebbero stati i costi economici e politici del “non allargamento” ad uno o all’altro dei dieci candidati indicò chiaramente che era meglio accogliere tutti allo stesso tempo. Non sembra che molte cancellerie conservino memoria di tale analisi se l’avvicinamento all’Unione dei Balcani occidentali continua ad incontrare tante resistenze. Purtroppo, il particulare prevale sull’universale e dispute bilaterali inficiano anche risultati che si consideravano acquisiti. Un esempio ci viene da un nuovo contenzioso tra Bulgaria e Macedonia del nord, poco dopo che Sofia aveva tolto il veto all’avvio dei negoziati di adesione con Skopje. Ancora una volta, il nazionalismo avvelena i rapporti tra paesi, come ben spiega un articolo di EastJournal: leggi.

 

La Conferenza sul Futuro dell’Europa, sulla quale tante volte questa rassegna stampa ha cercato di attirare l’attenzione, si è chiusa nella scorsa primavera con dichiarazioni ed impegni solenni. Ben presto dimenticati, come spesso accade; e bisogna riconoscere che non poca ipocrisia traspare dal sito istituzionale della Conferenza laddove si menziona il cosiddetto “evento di feedback-up” del 2 dicembre scorso affermando che “molte delle proposte [sono] già state prese in considerazione nella formulazione delle politiche” (vedi). Bene ha fatto quindi il Movimento federalista europeo a pubblicare sul proprio sito (vedi) la lettera che i partecipanti alla riunione del 2 dicembre hanno inviato al Consiglio dell'Unione Europea, con cui chiedono che sia avviato subito il processo di riforma dell'UE (leggi).