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Il G20 a Napoli per l’Ambiente, il Clima e l’Energia: successo o flop?

di Mario Sica

In alcuni contributi precedenti erano già stati brevemente indicati questi temi evidenziando, in maniera abbastanza chiara, l’urgenza di trovare soluzioni efficaci affinché questi problemi possano trovare risposte, la cui mancata risoluzione può provocare negli anni a venire, e non solo, disastrose catastrofi naturali, come dimostrato dalle alluvioni nella Germania e Cina dei giorni scorsi che hanno provocato centinaia di morti e feriti nonché distruzioni di dimensioni rilevantissime.

Nei giorni scorsi, il 22 e 23 luglio, si è tenuto a Napoli il meeting del G20 dedicato all’Ambiente, al Clima e all’Energia, organizzato dall’Italia, che ha la Presidenza del G20 fino alla fine del 2021, e presieduto dal nostro Ministro per la Transizione Ecologica, Attilio Cingolani, con la presenza di molti leader mondiali tra cui l’inviato degli Usa sul clima, John Kerry che ha ribadito l’importanza del suo paese ai temi trattati, anche in contrasto con la precedente presidenza Trump.

Il succitato incontro ha avuto il compito di esprimere la sintesi di questi lunghi mesi di incontri, confronti e discussioni tra le delegazioni e i tecnici internazionali impegnati nella ricerca di risposte coordinate, eque ed efficaci, capaci di porre le basi per un futuro migliore e sostenibile.

I temi centrali della discussione sono stati il contrasto al cambiamento climatico, l’accelerazione della transizione ecologica, le azioni necessarie per rendere i flussi finanziari coerenti con gli obiettivi dell’accordo di Parigi, una ripresa economica sostenibile ed inclusiva, grazie alle opportunità offerte in campo energetico da soluzioni tecnologiche innovative, l’implementazione delle città intelligenti, resilienti e sostenibili.

Ambiziose si sono rivelate le aspettative per il documento finale di questo meeting; nei mesi e settimane precedenti molte erano state le riunioni preliminari, i colloqui interpersonali tra gli sherpa dei ministeri delle varie nazioni al fine di condividere obiettivi, strategie e risultati concreti in forma di un documento comune da discutere ed approvare a Napoli. Le trattative hanno avuto alti e bassi, mostrando in momenti alterni sia fiducia sia delusione, nella speranza di trovare soluzioni condivisibili, arrivando così alla vigilia del meeting con un concreto ottimismo.

Ma come è realmente andata?

Gli esperti del settore e gli opinionisti sono divisi sui risultati raggiunti, espressi poi in un comunicato finale che ha tardato ad essere emesso, segnale questo di una difficile lettura dei risultati; ci si è trovati infatti di fronte ad una divisione abbastanza equa tra quelli pessimisti, che sostengono che il vertice è stato un flop completo con risultati “al ribasso” rispetto alle attese e quelli ottimisti che, viceversa, vogliono vedere solo gli aspetti positivi e ritengono che sono stati raggiunti importanti risultati che erano inimmaginabili alla vigilia del vertice stesso.

In realtà il “salto di qualità” non c’è stato: sono stati stralciati 2 articoli su 60 – i più importanti – per riuscire a far firmare a tutti il comunicato finale. Nel documento manca la data per il “phase out” del carbone e un riferimento chiaro alla soglia della riduzione del riscaldamento globale di 1,5°C, con il grosso degli sforzi climatici da compiere entro il 2030. Adesso sarà un salto nel buio verso la COP26 di Glasgow: nessuna data per l’addio al carbone. Fallito anche il blitz per allineare tutti i paesi sull’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi, gli 1,5°C di riscaldamento globale. Ulteriori passi avanti potranno essere fatti, dopo nuove trattative, incontri e mediazioni tra le singole nazioni al vertice finale di ottobre a Roma, con i capi di Stato e di governo, che precederà il fondamentale appuntamento all’inizio del mese di novembre, quando a Glasgow si terrà la riunione del COP26.

Comunque, nei 58 articoli approvati ci sono molti interessanti e validi risultati: l’impegno e l’accelerazione verso la “clean energy transition” da realizzare entro questa decade, l’allineamento dei flussi finanziari agli obiettivi dell’accordo di Parigi, l’impegno dei singoli paesi ad aumentare i fondi da dedicare alla ricerca e sviluppo, la presa di coscienza dell’importanza delle “smart city” favorendo la mobilità sostenibile, la generazione distribuita sostenibile locale, le comunità energetiche e le iniziative del Patto dei Sindaci ossia il C40.

Viceversa l’impegno sul “global warming” resta vago, con la formulazione: “sicuramente sotto i 2°C, come nell’accordo di Parigi”, mentre l’obiettivo era un impegno comune sugli 1,5°C, la soglia più ambiziosa di Parigi e l’accelerazione per allinearsi a questa soglia anticipato al 2030.

L’altro articolo stralciato riguarda il carbone. Durante il meeting non è stata trovata l’intesa sulla data del “phase out” della fonte fossile più inquinante, né sullo stop agli incentivi. A remare contro sono stati soprattutto Cina, India e Russia, nazioni nelle quali l’energia viene prodotta in maniera determinante attraverso il carbone e per le quali la sostituzione di questa fonte energetica rappresenterebbe un costo estremamente elevato.

E adesso cosa succederà?

E’ evidente che il processo verso risultati più ambiziosi per il clima, l’ambiente e l’energia non raggiunti durante il meeting del G20 a Napoli non si può arrestare, né lo vogliono i paesi più riottosi quali Cina ed India, contrari non ideologicamente ma per l’impatto economico e finanziario che tali provvedimenti creerebbero alle loro economie nazionali. 

E’ quindi necessario che vengano assolutamente trovate soluzioni condivise con gli altri grandi della terra affinché gli obiettivi globali di riduzione del riscaldamento globale e dell’abbandono del carbone quale fonte energetica vengano effettivamente conseguiti.

E tutto ciò va fatto presto, prestissimo per migliorare il nostro mondo e diminuire gli estremi eventi metereologici sempre più pericolosi negli anni attuali e soprattutto futuri.