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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali 01/11 - 07/11

 


In un panorama dell’informazione monopolizzato dalle notizie sulla pandemia da Covid19, l’attenzione per altre vicende sbiadisce sempre più. Nemmeno il passaggio da Lampedusa dell’attentatore di Nizza (seppure messo in rilievo) ha suscitato il clamore che ci sarebbe stato solo un anno fa. Eppure il problema migratorio è sempre presente e, sebbene le cifre del 2020 siano più contenute, continua a rappresentare una sfida complessa, in particolare per l’Italia, la Spagna, Cipro, Malta e la Grecia. In quest’ultimo paese, il governo di centro-destra ha adottato misure in alcuni casi simili a quelle dei “decreti Salvini”, generando situazioni come quelle descritte in un articolo pubblicato sul sito dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss: (leggi)

 


Quando si parla di migranti, si sprecano le invocazioni ad un maggiore ruolo dell’Europa e alla necessità di “riformare Dublino”. Pochi si chiedono quali siano gli strumenti e le procedure che consentano di realizzare tale riforma, vale a dire modificare il “Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide”. In realtà la Commissione europea si sta prodigando per un profondo adeguamento delle disposizioni in vigore, incontrando non poca resistenza soprattutto da parte di quei paesi e di quei leader che con maggiore veemenza criticano “l’inazione dell’UE”. Per aiutarci a capire la complessità della situazione, ma anche la concretezza delle nuove misure prese in considerazione, si segnala l’articolo pubblicato sul sito EUVisions, gestito dall’Università di Milano: (leggi)

 


Un giusto rimprovero rivolto a molti politici italiani e stranieri è quello di avere lo sguardo rivolto più all’immediatezza del commento pubblicato sui “social” che ad un orizzonte più ampio. Manca indubbiamente oggi la proposta politica di lungo respiro che consenta di valutare un partito (o un movimento) per la sua Weltanschauung, per la sua visione del mondo. In controtendenza, alcuni leader politici (soprattutto i più autocratici) pianificano con largo anticipo le loro strategie, volte non tanto a proporre alla popolazione scelte consapevoli per il futuro del paese, quanto a garantire a loro stessi la permanenza al potere. Il presidente serbo Alexandar Vučić ha ad esempio programmato un unico, grande appuntamento elettorale per il 2022, in modo da unificare le elezioni parlamentari, quelle per il comune di Belgrado e quelle presidenziali. Come scrive BalkanInsight, potrà così partecipare in prima persona alla campagna elettorale (in quanto candidato alla successione di se stesso) e assicurarsi un controllo pressoché totale del paese per molti anni a venire: (leggi

 


La Cecenia è uno di quei luoghi il cui nome evoca immediatamente immagini di guerra, scontri cruenti, faide tra “signori della guerra” e il secolare tentativo dei russi di controllare la regione. Molti ricorderanno anche le prese di ostaggi da parte di separatisti ceceni al teatro Dubrovka di Mosca (2002) e alla scuola di Beslan, nell’Ossezia, (2004): episodi tragici in cui, anche a seguito dell’intervento delle squadre speciali russe, morirono centinaia di persone. Poche settimane fa, di Cecenia si è tornato a parlare perché di origini cecene era l’uccisore del professore francese Samuel Paty. Da questo fatto prende lo spunto un articolo sui rapporti tra Russia e Cecenia pubblicato da Linkiesta: (leggi)  

 

 

Le fiammate di interesse di gran parte della stampa per la crisi in Bielorussia si sono progressivamente spente, e le notizie in merito alle manifestazioni di dissenso che da agosto sono continuate a Minsk e in altre città trovano solo sporadicamente spazio nelle pagine di “esteri”. Per non lasciar cadere nell’oblio la questione (magari fino ad un possibile scoppio di violenze), proponiamo la pacata ma esauriente analisi proposta dal sito in italiano di Euractiv, in cui la situazione bielorussa viene messa a confronto con quella ucraina: (leggi)

 

Perdonerà speriamo il lettore di questa rassegna stampa una divagazione storica davvero particolare a conclusione dell’excursus odierno. Riguarda la documentazione relativa al trattamento subito durante la seconda guerra mondiale da un gruppo di “internati” slavi (soprattutto croati) che dal campo di concentramento nell’isola di Molat (Melada) nello zaratino sono spostati a Trieste, prima tappa di un’odissea che li porterà, passando dalla Sardegna e non solo, nei campi di lavoro in Germania. La descrizione, dettagliata ma essenziale e corredata da immagini d’epoca, è disponibile sul sito “Lavoroforzato” dell’Associazione culturale Topografia per la Storia alla pagina (leggi)