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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali 26/06 - 03/07

Prima che il Presidente Recep Tayyip Erdoğan riuscisse a desecolarizzare il suo paese favorendo la crescita dell’influenza religiosa sulla società, l’esercito turco (fin dai tempi di Atatürk ) era stato un baluardo della laicità dello stato. Anche in Egitto, da Nasser in poi, l’esercito ha tenuto a bada le ingerenze di istituzioni e gruppi religiosi. E quando la Fratellanza musulmana ha favorito l’ascesa al potere di Morsi, i militari non hanno tardato a rimuoverlo per far posto al generale Al-Sisi. La rivalità accesa tra Turchia ed Egitto (che non hanno rapporti diplomatici) è frutto anche della diversa impostazione “ideologica” nella gestione dello Stato. Tuttavia, quando l’economia soffre al punto da avvicinarsi a situazioni di crisi, le contrapposizioni ideologiche possono affievolirsi e due paesi rivali cercare di avvicinarsi. Di questo e di molto altro parla l’analisi pubblicata (anche in inglese) sul sito della Stiftung Wissenschaft und Politik: (leggi)

 

 

 


Per decenni, la politica agricola comune è stata uno degli assi portanti della costruzione europea. Iscritta, assieme a quella dei trasporti, nel Trattato di Roma, inizialmente la PAC doveva garantire un sufficiente approvvigionamento agro-alimentare per i cittadini dei sei Stati membri. Il suo successo è stato superiore alle aspettative, tanto che già negli anni Settanta la produzione agricola europea creava eccedenze, il cui smaltimento doveva essere sovvenzionato. Da allora, gli sforzi per emendare la PAC non sono mancati, ma la ferma volontà politica (e gli interessi economici) della Francia in particolare non hanno permesso di riformarne totalmente il funzionamento. Un accordo è stato raggiunto in questi giorni tra le Istituzioni europee per una nuova riforma della PAC che introduce alcuni elementi di novità significativi, come l’aspetto sociale menzionato nell’articolo pubblicato sul sito di “agricoltura.it”: (leggi)

 

 

 

Ormai la necessità e l’urgenza di una profonda svolta “verde” non sono più messe in questione da nessuno. I governi (almeno quelli dei paesi economicamente più sviluppati) fanno a gara a fissare date e scadenze per la conversione ecologica, a partire dalle modalità di produzione energetica. L’economia circolare è diventata uno slogan, ma la sua attuazione pratica è ancora ben lontana – e complessa. Ne è un esempio il problema del riciclo delle pale eoliche che devono venir sostituite, di cui parla un dettagliato articolo del sito di “Euronews”: (leggi)

 

 

 

Dopo le reciproche provocazioni di pochi giorni orsono tra la nave della Marina britannica Defender e unità russe in prossimità della Crimea, la NATO (e alleati) risponde con una grande manovra militare nel Mar Nero, alla quale partecipano imbarcazioni di 32 paesi, inclusa, beninteso, l’Ucraina. Naturalmente è una manifestazione di forza abbastanza fine a sé stessa, ma evidenzia nondimeno come la Russia (nonostante l’annessione della Crimea) non possa più considerare il Mar Nero un suo mare “interno” come ai tempi dell’URSS. Ne riferisce il sito “Remocontro” (coordinato da Ennio Remondino): (leggi)

 

 

 

“La vogliamo chiamare espansione della democrazia liberale?”: con questa domanda provocatoria si conclude l’articolo di Tommaso di Francesco che “il Manifesto” ha dedicato all’”inizio della fine” della Iugoslavia, simbolicamente riassunto nella data di proclamazione dell’indipendenza di Croazia e Slovenia (25 giugno 1991). Come nello stile del giornale, l’analisi degli accadimenti è critica ma precisa, lontana dalle narrazioni relativamente anodine lette su molta stampa italiana ed europea. Non tutte le tesi esposte nell’articolo son forse convincenti, ma valgono la pena di essere lette: (leggi)

 

 

 

La Cina sta celebrando, con l’abituale pompa, il centenario della fondazione del Partito Comunista. Il “Quotidiano del Popolo” ha ovviamente dedicato un editoriale all’avvenimento, decantando soprattutto la capacità del Partito di costruire uno Stato in cui il popolo tutto può “vivere una vita moderatamente prospera”. Chissà se questo obiettivo era già tra quelli perseguiti dai fondatori, assieme alla lotta di classe, alla dittatura del proletariato e alla statalizzazione dei mezzi di produzione. D’altra parte, l’articolo non guarda molto alle radici storiche del movimento comunista cinese, e con un gioco di prestigio dialettico riesce a nominare Mao Zedong senza tuttavia riferirsi concretamente allo storico Presidente: cita infatti soltanto il “Pensiero di Mao Zedong”: (leggi)