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Trieste verso l’appuntamento elettorale

 

Con l'interessante contributo di Paolo Gozzi, la cui parte introduttiva verrà pubblicata anche sul  Piccolo e la versione integrale è qui riportata, Dialoghi Europei inaugura una nuova fase in cui intende dare a disposizione il proprio sito web per contributi, spunti, riflessioni in vista dell'importante appuntamento elettorale che attende Trieste nel 2021.

La fase che stiamo vivendo rende estremamente difficoltosa l'organizzazione di qualsiasi evento o iniziativa che consenta di riflettere sul futuro della nostra città e del territorio che la circonda. Eppure proprio questa fase, ora più che mai, richiederebbe uno sforzo di elaborazione e di approfondimento anche maggiore del consueto. è per questo che proviamo a dare un piccolo contributo, offrendo uno spazio di discussione anche sul nostro sito e sulla nostra pagina facebook. Uno spazio di discussione disponibile per contributi variegati, anche con approcci diversi fra loro e che sono appunto contributi liberi, che non rappresentano necessariamente una presa di posizione da parte dell'Associazione. Con questo spazio Dialoghi Europei non ha certo nè l'intenzione nè la velleità di sostituirsi a mezzi di informazione o altre piattaforme; proprio per questo la pubblicazione dei contenuti sarà mediata, invitiamo quindi chi potesse essere interessato a contribuire con una riflessione a contattarci preventivamente all'indirizzo info@dialoghieuropei.eu.


Štefan Čok
Presidente Dialoghi Europei

 

 

Trieste verso l’appuntamento elettorale

“Per conquistare il futuro bisogna prima sognarlo” (B. Pascal)

 

A teatro, quando l’attore beniamino del pubblico entra in scena, scatta l’applauso prima ancora che pronunci una sola battuta: quasi un saluto di benarrivato ad una vecchia conoscenza. Così è stata accolta in città, in regione ed oltre l’entrata in scena della Hamburger Hafen und Logistik AG sul palcoscenico del porto di Trieste.

I prossimi mesi ed anni ci diranno quali saranno le ricadute e le conseguenze di questa importante presenza tedesca nello scalo giuliano, ma la storia, la forza e la solidità della HHLA consentono di sperare che l’investimento finanziario sia la base di un vigoroso progetto industriale.

Si deve quindi constatare che, nonostante la crisi sanitaria ed economica del Covid19, a Trieste qualcosa si muove; anzi, continua a muoversi.

Dopo lunghissimi anni di quiete quasi letargica, è da qualche tempo infatti che inaspettati segni di vitalità hanno cominciato a manifestarsi. Germogli di semi piantati in tempi più o meno remoti? Avvenimenti che in altri momenti sarebbero passati quasi inosservati e che invece spiccano nel perdurare di una crisi globale? O semplice congiunzione astrale favorevole?

Qualsiasi ne sia l’origine, è indubbio che molti elementi positivi sono emersi negli ultimi anni: ritrovato dinamismo del porto; sdemanializzazione di Porto Vecchio, interesse di investitori (Fiera, area portuale, immobili di prestigio…); visibilità sulla scena diplomatica internazionale (dal concerto dei tre Presidenti, ai vertici del 2017, fino ad ESOF 2020); riconoscimento del valore delle istituzioni scientifiche e di ricerca; crescita del turismo, ecc.

Dinanzi ad un quadro di questo tipo, la città sembra però essere rimasta attonita. Per riprendere la metafora iniziale, Trieste si è posta quasi come spettatrice o al massimo comparsa di una rappresentazione che ha luogo sul suo territorio ma della quale non riesce a sentirsi protagonista. Pesano forse i troppi anni senza vere sfide da affrontare, vivendo alla giornata tra un pieno in Istria e una merenda in Friuli: tanto c’era sempre il “Fondo Trieste”…

Ora però che la congiunzione astrale favorevole si è presentata, sarebbe drammatico se istituzioni, società civile e cittadinanza tutta non riuscissero a scuotersi dal torpore decennale, lasciando l’iniziativa a più o meno benevoli attori “foresti” e a pochi attori locali. In altre parole, non basta che ad interloquire con Amburgo sia l’Autorità portuale o che a valutare il futuro di Porto Vecchio sia un ingessato consorzio di gestione: l'intero “sistema Trieste” è chiamato a fornire un contributo. L’Università dovrebbe modulare la proposta formativa pensando a nuovi possibili profili professionali; l’Area di ricerca convogliare alcune attività verso sbocchi in sinergia con la nuova realtà logistica e le nuove dimensioni degli spazi urbani; il Comune, la Regione, le municipalizzate svolgere appieno il loro ruolo di mediazione tra le esigenze dei cittadini e quella della gestione dell’attività economica; le parti sociali confrontarsi in modo costruttivo su percorsi condivisi di sviluppo socioeconomico.

A pochi mesi dalle elezioni che designeranno il nuovo sindaco e rinnoveranno il consiglio comunale, è lecito aspettarsi che i candidati e le forze politiche che li sostengono vengano allo scoperto e spieghino agli elettori le loro proposte per sfruttare le premesse favorevoli. Per una volta però, proprio perché dal mondo dell’economia e del lavoro vengono segnali concreti di disponibilità ad investire e intraprendere, ci si aspetta dalla politica un salto di qualità: distolga lo sguardo dalla quotidianità meschina e abbia il coraggio di tracciare un disegno per il futuro di Trieste. Un disegno rigoroso e razionale, ma che sappia anche far sognare.

Per evitare tuttavia che qualcuno sia tentato di far sognare presentando un irrealizzabile... libro dei sogni, cerchiamo di chiarire ex-ante alcuni aspetti qualificanti di questo disegno per il futuro della città, formulando qualche considerazione che inquadri la problematica. Con la speranza che possa anche fungere da spunto per un civico e civile dibattito.

  • Attività produttive

Una città con un retroterra praticamente inesistente non può ragionevolmente immaginare un fiorire di attività industriali classiche. D’altra parte l’industria tradizionale è di fatto già sparita da Trieste. È emblematico che, per pura coincidenza, lo spegnimento degli altoforni della ferriera di Servola abbia coinciso con il proliferare di svariate forme di “lavoro agile”, antitetiche fin nell´essenza al sudore dei siderurgici.

Detto questo però, è difficile immaginare uno sviluppo compiuto e armonioso della città senza la presenza di un comparto manifatturiero. Come risolvere questa contraddizione?

In Consiglio regionale, la mozione che chiede l´attuazione del regime giuridico per i punti franchi e quindi di fatto l’extraterritorialità per il porto di Trieste è recentemente stata votata da maggioranza ed opposizione. Raggiungere tale obiettivo sarebbe importante; ma con o senza extraterritorialità, la carenza di spazi da riservare all'industria sul territorio triestino impone che le Istituzioni – e in primo luogo il Comune – sappiano esercitare un ruolo forte di guida ed orientamento per le iniziative imprenditoriali.

Il focus dovrà essere sull'industria “4.0”, quella della realtà aumentata, dell´intelligenza artificiale, delle stampanti 3D, dei modelli di produzione automatizzati e interconnessi. E, nel bene e nel male, quella del lavoro agile.

Per individuare i settori più promettenti serviranno forme di concertazione permanente tra le Istituzioni, l’Università, i centri e gli istituti di ricerca del territorio e gli attori economici. Ma servirà soprattutto la volontà politica di convogliare in modo selettivo le risorse disponibili per interventi di sostegno, anche a rischio di scontentare chi è convinto che “no se pol”.

  • Commercio, banche, assicurazioni

Nel passato remoto di Trieste, il fiorire delle attività commerciali aveva portato all’insediamento in città di banche ed assicurazioni. La successiva decadenza ha fatto chiudere molti battenti.

Anche se le attività commerciali legate alla portualità dovessero diventare nuovamente il motore di crescita della città, la smaterializzazione delle transazioni bancarie ed assicurative, la globalizzazione dei loro centri decisionali e l’avvento dello smart working rende illusorio pensare ad un ritorno diretto sulla piazza. Non per questo si deve tuttavia rinunciare a predisporre condizioni favorevoli per possibili basi logistiche. Strutture di accoglienza e infrastrutture telematiche di punta vanno predisposte non in modo generalizzato, ma tenendo presente le tipologie (e l’evoluzione) degli scambi commerciali che hanno o possono avere Trieste come luogo di riferimento. La presenza di operatori commerciali di vari orizzonti deve essere incoraggiata e non contrastata. Istituzioni forti saranno sempre in grado di governare e tenere sotto controllo tendenze egemoniche: e la forza delle istituzioni deriverà da norme chiare e dalla determinazione a farle rispettare.

  • Porto Vecchio

La sdemanializzazione di Porto Vecchio è per la città quello che il futuribile molo VIII potrà essere per il porto: spazio vitale per nuove iniziative di sviluppo. Come però un molo VIII non avrebbe senso se fosse destinato semplicemente ad ospitare attività già svolte nel resto del porto, così Trieste perderebbe la più colossale opportunità degli ultimi 100 anni se decidesse di usare Porto Vecchio per trasferirvi la sede di enti ed altre realtà cittadine in un gioco di rimpiazzo fine a se stesso.

Occorre pensare a Porto Vecchio in modo organico e non frammentario, considerandolo fin d’ora per quello che è: parte integrante della città e non sua appendice da colonizzare. Quanto detto sopra a proposito delle attività produttive e del terziario si intreccia con la capacità di utilizzare in modo oculato volumi e spazi presenti al di là del varco di Largo Santos. La sfida più grande di chi amministrerà Trieste nei prossimi anni sarà probabilmente proprio quella di favorire la creazione di un rapporto osmotico tra la città nei suoi “confini” pre-sdemanializzazione e quella che comprende il Porto Vecchio, non più tale.

  • Trasporti e relative infrastrutture

Non è per caso che il porto di Amburgo, quello meglio connesso con la rete ferroviaria a livello europeo, si sia interessato al porto di Trieste, che analogo primato può vantare a livello italiano. Sotto la presidenza di Zeno D’Agostino, l’Autorità portuale ha molto puntato sul traffico su ferro e i risultati non sono mancati. Tuttavia quanto fatto non basta e Trieste dovrà alzare la voce perché siano rimosse alcune gravi criticità, come il collo di bottiglia tra Bivio d’Aurisina e Monfalcone. Ma sarà anche necessario ripensare la mobilità delle persone su un raggio di 300/500 km, quello cioè per il quale il trasporto terrestre compete, in molte parti d’Europa, con quello aereo. È possibile ridurre i tempi di percorrenza per raggiungere Venezia, Milano, Monaco, Vienna, Praga, Lubiana, Zagabria, Belgrado? con che mezzi? gomma o rotaia? può aver senso creare una stazione ferroviaria “Trieste nord” a Opicina, con un collegamento veloce con il centro città? che ruolo riservare all’aeroporto? come risolvere l’annosa querelle sull’allacciamento delle reti ferroviarie Italiana e slovena?

In un discorso più generale che non potrà prescindere dalla stesura di un nuovo piano regolatore urbanistico, sarà necessario riconsiderare anche la mobilità cittadina. I mezzi pubblici e privati alimentati con idrocarburi fossili sono destinati ad essere sostituiti da quelli elettrici in tempi molto più brevi di quanto si pensasse solo uno o due anni fa. Biciclette, scooter, monopattini e altri mezzi elettrici si diffonderanno rapidamente per i piccoli spostamenti quotidiani. Piste riservate dovranno essere realizzate per garantire sicurezza e fluidità. La generalizzazione del passaggio ad una mobilità “elettrica” potrà essere anche l’occasione per potenziare in modo molto forte il trasporto pubblico e ridimensionare quello con autovetture private.

  • Istruzione e mercato del lavoro

Sul mercato del lavoro si assiste ad una crescente polarizzazione. Da un lato i (super-)qualificati, totalmente “digitali” e con competenze (anche linguistiche) che consentono di comunicare con i loro pari a livello globale (una classe professionale mobile per definizione e che deriva la propria forza contrattuale dai saperi che detiene). Dall'altro chi non dispone di qualifiche “moderne” ed è spinto verso mansioni che sopravvivono solo perché è ancora economicamente poco interessante l’automazione o la robotizzazione.

L’istruzione delle nuove generazioni assumerà quindi un’importanza maggiore di quanta ne abbia mai avuto fino ad oggi. Una città che pensi di essere all’alba di un nuovo sviluppo e che veda la propria crescita in una prospettiva di internazionalizzazione deve riflettere da subito su come far fronte alla necessità di fornire ai propri giovani (e a quelli che potrebbero affluire) un’istruzione all’altezza delle sfide del futuro mondo del lavoro.

Trieste già dispone di strutture scolastiche ed accademiche di buon livello, ma occorre definire linee d’indirizzo che permettano, da un lato la creazione di un vero sistema formativo locale, dall’altro una sinergia costante (e lungimirante) con il mondo produttivo, in modo da garantire un equilibrio dinamico tra domanda ed offerta. Una delle prime azioni da porre in essere è il potenziamento radicale dell’apprendimento delle lingue: all’uscita dalla scuola dell’obbligo un giovane deve parlare correntemente (e non balbettare) l’inglese ed avere le basi di almeno un’altra lingua straniera. L’apprendimento del tedesco va rivitalizzato (altro che accettare imbelli la chiusura del Goethe Zentrum!), al pari di quello delle lingue slave dei paesi vicini.

  • Ambiente

Una riflessione sul futuro di una città o di una regione non può ormai prescindere dall’esigenza di garantire la sostenibilità ambientale di qualsiasi sviluppo economico. Le istituzioni devono porre questa esigenza a fondamento di tutte le iniziative di indirizzo che intendono adottare. Serve però un coinvolgimento diretto dei centri di ricerca e dell'Università, affinché producano e propongano progetti per una gestione sostenibile del territorio: dallo sfruttamento delle energie rinnovabili (vento, moto ondoso,…), alla modifica della mobilità, alla gestione dei rifiuti, ecc. 

Se questo tipo di considerazioni è ormai diventato quasi un luogo comune data la crescente consapevolezza della problematica ambientale, occorre ricordare che la sperimentazione di nuove tecniche e tecnologie comporta costi significativi, difficilmente sostenibili in contesti di stagnazione o di declino economico, ma più facilmente realizzabili in una fase di sviluppo.

Confidando nel fatto che crisi del Covid19 non comprometta la “congiunzione astrale” favorevole e che quest’ultima possa essere adeguatamente sfruttata dagli amministratori pubblici, si deve prospettare a scienziati e ricercatori la concreta possibilità di dare pratica attuazione ai loro progetti più innovativi, stimolando lo studio e la creatività.

D’altro lato, proprio la nuova consapevolezza ambientale potrebbe rendere più agevole la condivisione tra pubblico e privato dei costi per interventi in questo campo.

  • Demografia e urbanismo

Quando si propongono politiche volte a favorire un importante sviluppo economico di un’area geografica limitata qual è quella di Trieste, occorre tener presente che, se tali politiche avranno successo, si genererà probabilmente un fenomeno di crescita demografica per immigrazione. Il flusso potrebbe interessare sia lavoratori dequalificati che “specializzati” e la sua gestione dovrebbe essere adeguatamente preparata, in primo luogo monitorando il patrimonio abitativo esistente e pianificando eventuali ipotesi di nuova urbanizzazione. Bisogna infatti considerare che se effettivamente si dovesse verificare un afflusso delle due tipologie di lavoratori, le aspettative in materia di alloggio saranno molto diverse tra gli uni e gli altri. Mentre le esigenze dei primi potrebbero essere probabilmente soddisfatte dagli immobili attualmente inutilizzati, quelle dei secondi (che disporrebbero verosimilmente di un reddito medio-alto) rischierebbero di generare crescenti pressioni per un’estensione dell’edificabilità. Nessuna amministrazione dovrebbe farsi cogliere impreparata dinanzi ad una tale eventualità: da qui l’esigenza di un nuovo piano regolatore che contemperi le esigenze dello sviluppo con quelle della tutela e protezione attiva del territorio. 

  • Ruolo internazionale

Non si può infine dimenticare che, per ragioni geografiche, politiche ed anche storiche, diversamente da molte altre città di analoghe dimensioni, Trieste è chiamata a svolgere un ruolo anche sul piano internazionale. Se il porto si trasformerà effettivamente in una base logistica per significativi volumi di traffico a destinazione dell’Europa centrale, è chiaro che la città dovrà imparare ad interloquire direttamente con enti, aziende ed anche Istituzioni dei paesi di tale area. Non si tratterà di una diplomazia parallela rispetto a quella nazionale, ma di una forma di sussidiarietà che dovrà consentire la gestione a livello locale di tematiche di rilievo regionale.

Opportunità enormi si potrebbero inoltre schiudere per Trieste se i suoi prossimi amministratori dimostreranno l’apertura mentale necessaria per riconoscere che la città non è solo sbocco sul mare della Mitteleuropa, ma anche porta dei Balcani. Trieste potrebbe sfruttare i rapporti privilegiati che ha intrattenuto ed intrattiene con i paesi balcanici per proporsi quale base logistica di sostegno al processo di allargamento dell’Unione europea. La città, che già conta la presenza del segretariato dell’InCE, potrebbe offrirsi per ospitare un’Agenzia europea volta ad assistere i paesi candidati nel percorso di avvicinamento all’UE. Se questo obiettivo venisse raggiunto, Trieste riconfermerebbe la proiezione internazionale che ha conosciuto in passato e che in fondo le è connaturale.

 

Paolo Gozzi*

 

*Diplomato al Volta, laurea in lettere all'Università di Trieste. Per 40 anni a Bruxelles, prima in Banca d'Italia, poi presso la Commissione Europea. Negli ultimi 20 anni si è occupato di Balcani seguendo sempre da vicino le vicende di Trieste dove è rientrato nel 2017 dopo il pensionamento.