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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 19/05

Care amiche e cari amici, mercoledì prossimo 22 maggio alle ore 18:00 presso il Circolo della Stampa di Trieste, ricorderemo la vita e l'attività di Eugenio Colorni. Antifascista, politico, filosofo, soprattutto, con Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, autore del Manifesto di Ventotene.
Colorni visse e lasciò una traccia importante anche a Trieste.
Qui di seguito troverete il vostro 
invito.
 
 

L’Irlanda, con una visione della vita pubblica e dei rapporti sociali di stampo molto anglosassone, è probabilmente il paese dell’UE che più si discosta dal modello di “welfare state” che ha caratterizzato la politica economica europea (continentale ed occidentale) dal secondo dopoguerra in poi. Molta libertà è stata lasciata alle forze di mercato, sebbene più volte lo Stato sia dovuto intervenire con decisione per fronteggiare crisi cicliche che hanno messo a dura prova il tenore di vita della popolazione. Una visione globale dell’andamento economico dall’inizio degli anni 1990 in poi è proposta da un articolo di eurosjournalleggi. Attualmente, il paese è in una fase espansiva, con un surplus di bilancio di svariati miliardi di euro (lo scrive BNNBloombergleggi). In questa situazione, e pur non essendo uno dei cosiddetti “paesi frugali” focalizzati sull’applicazione quasi dogmatica delle norme di bilancio, l’Irlanda è fermamente decisa ad evitare che le eccedenze diventino occasione per una distribuzione a pioggia di piccoli benefici e prebende. Ha quindi deciso di istituire un fondo sovrano nel quale affluirà il gettito in eccesso, con un triplice obiettivo: rendere sostenibile il regime pensionistico messo in crisi dall’andamento demografico, contribuire alla lotta al cambiamento climatico e favorire l’adeguamento costante del processo di digitalizzazione. La relazione preliminare alla creazione del fondo è presentata sul sito del Comitato di controllo sul bilancioleggi. Aveva analizzato (con taglio critico) l’ipotesi di creare un fondo sovrano irlandese alimentato con i proventi fiscali il sito Altreconomialeggi.

 

La notizia era circolata per un po’ nell’estate dello scorso anno, per poi evaporare nel caldo torrido di quei mesi: il Presidente Emmanuel Macron aveva chiesto al Sudafrica, paese organizzatore del vertice dei BRICS di Johannesburg (22-24 agosto 2023), che la Francia potesse partecipare quale “paese osservatore”. Il sito RFI annunciò ben presto che l’idea aveva “fatto flop” (leggi), ma non per questo può essere trascurato quanto scrisse in quei giorni un editoriale del Global Times, giornale cinese in lingua inglese collegato al Quotidiano del Popolo, che qualificò l’iniziativa di “coraggiosa e innovativa” (leggi). Dell’argomento si è tornato a parlare recentemente, in occasione della visita del Presidente cinese Xi Jinping in Francia, Serbia ed Ungheria. Il New York Times ha scritto ad esempio del tentativo di Macron di fare della Francia il fulcro dei rapporti tra BRICS ed Occidente (leggi); ma non va assolutamente trascurato il fatto che nei colloqui di Belgrado tra Xi Jinping e Alexandar Vučić si sia parlato anche di collocazione internazionale della Serbia. Vučić per il momento scarta l’ipotesi di abbandonare la prospettiva di adesione all’UE per favorire un avvicinamento ai BRICS, ma tanto è bastato alla propaganda di Mosca per diffondere illazioni al riguardo, come riferisce un articolo dell’agenzia AGCleggi.

 

Per i dieci paesi entrati nell’UE il 1° maggio 2004, le prossime elezioni del Parlamento europeo rappresentano inevitabilmente un’occasione per tracciare un bilancio dei primi vent’anni trascorsi come “Stati membri”. Le voci critiche che si levano circa il funzionamento dell’Unione sono diventate più numerose e soprattutto più agguerrite, ma non contestano i vantaggi economici ricavati dai dieci (e successivamente da Bulgaria, Romania e Croazia) con l’adesione. Bene ha fatto la Commissione europea a pubblicare un opuscolo (leggi) che, seppur con qualche autocompiacimento, fornisce dati incontrovertibili circa i risultati conseguiti grazie all’allargamento. D’altronde, nemmeno i più feroci critici delle Istituzioni e delle politiche comunitarie possono negare tali risultati: interessante, a tale proposito, la dettagliata presa di posizione di Balázs Orbán (omonimo ma non parente e stretto collaboratore del Presidente ungherese) che sul sito Hungarian Conservative (il nome chiarisce l’orientamento) fornisce alcune indicazioni rivelatrici. Pur giudicando negativamente l’operato dei vertici europei, afferma chiaramente che l’Ungheria non può più fare a meno dell’UE (leggi). La contrapposizione prende così l’aspetto di una battaglia ideologica combattuta su un solido, proficuo (e comune) zoccolo economico, esente da contestazioni. Ma una vittoria dei nazionalisti l’8 e 9 giugno potrebbe rimettere tutto in discussione – ne scrive in termini ponderati lo IARIleggi.

 

Grande evidenza hanno assunto sui media le manifestazioni di piazza in Georgia contro la cosiddetta legge sugli “agenti stranieri”, adottata dal Parlamento di Tbilisi il 14 maggio (ne ha scritto anche RAINewsleggi). La legge, in base alla quale le ONG finanziate per oltre il 20% con fondi esteri devono registrarsi come organizzazioni “portatrici di interessi di una potenza straniera”, ricalca un simile provvedimento adottato in Russia ed è diventata la cartina di tornasole di un più generale ammiccamento del Governo alle politiche di Mosca. (Un’attenta analisi del progetto di legge era stata effettuata nel 2023 dalle sezioni internazionale ed europea del Center for Not-for-Profit Lawleggi.) Secondo gli oppositori, esiste un “rischio concreto che quella che definiscono come una “legge russa” possa portare a una deriva autoritaria che non solo fermerebbe il cammino verso l’Europa, ma riporterebbe inevitabilmente il paese nell’orbita della […] Russia” (così si esprime un articolo di ValigiaBluleggi). D’altra parte, la pervicacia con cui l’esecutivo ha voluto questa legge impopolare a pochi mesi dalle elezioni previste per l’autunno, suggerisce forse il timore di fondo che alla Georgia venga riservato da Putin lo stesso trattamento dell’Ucraina. Merita un’attenta lettura un recente articolo di Atlantic Council (leggi), che sottolinea tra l’altro come “molti osservatori traccino paralleli con la rivoluzione di Euromaidan del 2013-2014 in Ucraina. Alcuni si chiedono addirittura se il paese stia vivendo il proprio “momento Yanukovich”, con riferimento al presidente ucraino filo-Cremlino fuggito in Russia dopo mesi di disordini”.

 


L’attenzione con cui la situazione georgiana viene seguita anche dalle cancellerie europee (ad esempio dal Quai d'Orsay – leggi – e dal Foreign Office – leggi) tradisce una crescente preoccupazione non solo per i pericoli delle interferenze di Mosca, bensì anche per la stabilità complessiva della regione caucasica, snodo cruciale di tutte le rotte terrestri tra Asia ed Europa che vogliano evitare il territorio della Federazione russa. Oltre alla Georgia, conoscono una fase di instabilità anche la confinante Armenia e l’Azerbaijan. La guerra per il Nagorno-Karabakh ormai archiviata (ne ha scritto ad aprile EUNewsleggi), i due paesi hanno avviato le prime procedure per la demarcazione dei confini, subito provocando proteste e risentimenti (ne ha scritto l’Osservatorio Balcani-Caucasoleggi). Ma le pressioni esterne per una pacificazione della regione non mancano, vista in particolare l’importanza crescente di quel Middle Corridor che si dipana ai piedi del Caucaso e “potrebbe diventare un tassello importante delle strategie complessive di de-risking e di connettività internazionale, obiettivi centrali nel quadro della strategia dell’UE Global Gateway”, come argomentato dall’ISPI (leggi).

 

Concludiamo con alcune segnalazioni che possiamo quasi considerare “di servizio” per gli amici di Dialoghi europei e per tutti quelli che benevolmente sfogliano questa rassegna stampa. In un quadro di crescente personalizzazione della campagna elettorale, dove le doti caratteriali dei candidati paiono essere più importanti delle proposte politiche, è benemerita la serie di articoli dedicati da EUNews al confronto tra le proposte dei partiti a livello europeo. I primi quattro affrontano i seguenti temi: Cosa resta del Green Deal. Pse e Greens propongono un “nuovo patto verde e sociale” (leggi1); Le ricette per la difesa europea (leggi2); La migrazione tra esternalizzazione, nuovo Patto e frontiere rafforzate (leggi3); Ucraina, Medio Oriente, Cina e pace. I nodi della politica estera dell’Ue (leggi4).