Secondo indiscrezioni pubblicate dal sito vsquar.org (leggi), il recente vertice del Gruppo di Visegrád è stato contrassegnato da un vero e proprio scontro verbale tra il Primo ministro polacco Donald Tusk, sostenuto dall’omologo ceco Petr Fiala, e il premier ungherese Viktor Orbán: “il dibattito è stato talmente acceso che si urlavano letteralmente addosso”. È un fatto che, con il partito conservatore PiS costretto all’opposizione in Polonia, Orbán ha perso un alleato di peso e si ritrova sempre più isolato in Europa. Ciò lo induce, da un lato, ad ammorbidire talune posizioni conflittuali (blocco dei finanziamenti UE all’Ucraina e opposizione all’adesione della Svezia alla NATO), dall’altro, a rivendicare in modo sempre più eclatante alcune prese di posizione “ideologiche”, quale ad esempio l’invito a Trump affinché “torni a portarci la pace” (come riferito dall’ANSA: leggi). Ma ciò che può forse essere strategicamente più delicato, è il rapporto che il leader ungherese continua ad intrattenere con Pechino. È di questi giorni la notizia (riportata da Die Welt – leggi) di un accordo che prevede la presenza di poliziotti cinesi in Ungheria, per pattugliamenti congiunti con i colleghi ungheresi. Il sito Hungary Today (pro-governativo), che ha ripreso con molta evidenza la notizia (leggi), non manca di sottolineare che “gli ultimi due anni hanno visto un livello senza precedenti di investimenti cinesi in Ungheria”.
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