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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali 09/05 - 14/05

È stato evidente fin dal primo giorno dell’aggressione russa all’Ucraina che i milioni di profughi che da quel paese avrebbero cercato rifugio nell’Unione europea sarebbero stati considerati “diversi” da quelli che da tanti anni ormai affluiscono in Europa. Così è stato, e alcuni campioni del filo spinato e dei respingimenti (Polonia ed Ungheria, per citarne due) si sono trasformati in buoni samaritani degli ucraini. Si tende così spesso a dimenticare che il flusso migratorio più tradizionale non si è interrotto a causa della guerra e che anzi quest’ultima sarà probabilmente all’origine di una crisi alimentare destinata ad incrementarlo. Alcune interessanti considerazioni in merito sono presentate in un articolo (a cura dell’Associazione di protezione sociale Large Movements) apparso sul sito del CESPIleggi.
 

 

Il tentativo del Presidente Erdoğan di proporsi come mediatore tra Russia ed Ucraina riflette il protagonismo che ormai da anni la politica estera di Ankara ha assunto, raggiungendo non pochi risultati dalla Siria alla Libia, dal Caucaso ai Balcani. Forse però, dietro l’attivismo sulla scena internazionale si cela anche il tentativo di contenere il malcontento interno per la gravissima crisi economica che colpisce il paese (inflazione oltre il 70%). Utile può allora risultare mantenere buoni rapporti anche con l’Unione europea, spesso in passato criticata e trattata con alterigia. Il messaggio inviato quest’anno dal Presidente turco all’UE per la giornata dell’Europa ha assunto toni particolarmente concilianti. Lo si può leggere, in inglese, sul sito della Presidenza turcaleggi. [Una parziale traduzione in italiano è apparsa sul sito Investireoggileggi.)

 

Il discorso con il quale Emmanuel Macron ha simbolicamente inaugurato il suo secondo mandato parlando nell’aula del Parlamento europeo a Strasburgo è stato ampiamente ripreso e commentato dalla stampa internazionale. È stato un discorso pronunciato nella duplice funzione di Presidente delle Repubblica francese e di presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, con il quale Macron ha proposto la sua visione di un’Europa aperta all’adesione di nuovi paesi e all’abbandono (almeno parziale) della regola dell’unanimità. “Vaste programme”, avrebbe commentato il generale De Gaulle, ma l’ancora giovane Presidente francese è indubbiamente abbastanza ambizioso per accettare la sfida. Sul discorso di Strasburgo verte un colloquio tra la giornalista Francesca Scaringella e Jean-Pierre Darnis, docente francese della LUISS, apparso su Formiche.netleggi.

 

Se realmente l’Unione europea riuscirà a riconsiderare la propria politica in materia di allargamento, ripensando in particolare le procedure negoziali e i criteri di valutazione dei progressi di ciascun paese, beneficio ne potrebbero trarre anche le Istituzioni di Bruxelles, viste spesso come macchine burocratiche dotate di scarsa visone politica. Anche se questo giudizio è almeno in parte ingiustificato, resta il fatto che la percezione da parte dei cittadini è un elemento importante di cui occorre tenere conto. Ciò vale tanto negli Stati membri quanto nei paesi che aspirano aderire all’UE. Deve quindi preoccupare il recente sondaggio Ipsos effettuato in Serbia, dal quale risulta per la prima volta che una maggioranza dei serbi non è più favorevole all’adesione. La guerra in Ucraina è naturalmente il principale fattore di questa inversione di tendenza, ma la farraginosità dei negoziati con l’UE ha senz’altro influito. Ne parla un articolo pubblicato sul sito Centro per la Cooperazione Internazionaleleggi.  

 

Con meno di due milioni di abitanti, dal punto di vista demografico l’Irlanda del Nord rappresenta solo una piccola parte (2,7%) del Regno Unito. Sappiamo tuttavia come, negli anni, le divisioni settarie all’interno di questa esigua quota della popolazione britannica abbiano costituito, per Londra, uno dei più gravi problemi di ordine pubblico. La pacificazione seguita ai cosiddetti “accordi del venerdì santo” (1998) ha fatto scendere la tensione, ma con la Brexit la situazione si è complicata. Pochi giorni fa, le elezioni per il governo locale hanno visto per la prima volta nella storia la vittoria del Sinn Féin, il partito un tempo vicino all’IRA, a scapito degli unionisti britannici. Sullo sfondo della controversia con l’Unione europea circa la regolamentazione degli scambi commerciali proprio con l’Irlanda del Nord, la situazione si sta surriscaldando, facendo riemergere fratture e contrapposizioni che si speravano superate. Un’accurata ed estesa analisi è fornita dal sito Transform-italia (Partito della Sinistra europeo, GUE/NGL): leggi.

 

La duplice metamorfosi del Presidente Vlodymyr Zelensky, trasformatosi in meno di tre anni da attore comico a capo di Stato ed infine a simbolo della resistenza ucraina, ha sorpreso molti e creato il personaggio che tutti conosciamo. Se adesso Zelensky si presenta come il leader che sa interpretare il sentimento e la volontà del suo popolo in un frangente tanto drammatico, prima del 24 febbraio era semplicemente un politico la cui gestione dello Stato non appariva delle più ortodosse secondo i principi che reggono le democrazie occidentali. A chiusura di questa rassegna stampa di Dialoghi europei, ci scostiamo dall’attualità più immediata, consigliando la lettura di un articolo (disponibile solo in tedesco) pubblicato poco prima (4.2.2022) dell’inizio dell’aggressione russa, dalla Stiftung Wissenschaft und Politik e dedicato all’operato di Vlodymyr Zelensky durante la prima metà del suo mandato presidenziale: leggi.