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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 07/09/25

 

Forse un giorno scopriremo il metodo che si nasconde dietro la (almeno apparente) follia di tante affermazioni fatte e smentite nel giro di poco tempo dal Presidente Trump (ne scriveva già ai tempi del primo mandato Federico Rampini su Repubblicaleggi). Di certo un obiettivo è chiaro ed è stato proclamato a gran voce dallo stesso Trump quando ad aprile 2025 ha annunciato dazi generalizzati sulle importazioni: arricchire l’America. Ne riferì la Columbia Business School, proponendo una breve intervista con un suo docente (leggi), che formulava però un giudizio molto netto: “«I dazi sono tasse sugli americani – sia sui consumatori che sulle imprese», […]le misure proposte hanno maggiori probabilità di far salire i prezzi e deprimere la crescita piuttosto che stimolare l’economia”. In termini piani ed articolati, una trasmissione di SkyTG del 1° agosto scorso (guarda e leggi) ha cercato di rispondere ai quesiti basilari in merito alle conseguenze dei dazi sulle economie dei paesi esportatori e su quella statunitense. Con un taglio un po’ più tecnico ma con un intento pur sempre didascalico, anche Bloomberg ha proposto una sorta di “corso intensivo” sulla materia: leggiDialoghi europei dedicherà all’America, ai dazi di Trump e alle loro conseguenze sul piano economico e finanziario una conferenza martedì 16 settembre. Parteciperà quale oratore principale il prof. Franco Bruni, Presidente dell’ISPI e professore emerito dell’Università Bocconi di Milano. La locandina dell’evento darà diffusa nei prossimi giorni.

Parole chiave: Trump; Dazi
 

Il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO – visita il sito) tenutosi in Cina in questo inizio di settembre era il venticinquesimo evento di questo tipo, ma ha avuto una risonanza mediatica (leggi le prime pagine dei giornali italiani su SkyTG24) mai raggiunta nelle occasioni precedenti. Scrivendo ad esempio in merito al 15° vertice del 2015, la rivista The Diplomat, focalizzata sull’area dell’Indo-Pacifico, aveva titolato piuttosto sui “dolori crescenti” dell’organizzazione (leggi), mentre due anni dopo una breve analisi del CESI sottolineava che la “predominanza degli interessi nazionali all’interno della SCO complica inevitabilmente il progetto […] di formazione di un blocco coeso di attori favorevoli allo sviluppo di un nuovo tavolo di discussione multilaterale” (leggi). Il successo, almeno in termini di visibilità, dell’incontro di Shangai mette in evidenza l’importanza crescente delle istanze che riuniscono gli Stati che si identificano come parte del “sud globale”, “una specie di confraternita”, come ebbe a caratterizzarla il Ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar secondo quanto riferito da un articolo dell’ISPI che si è proposto di “Definire il Global South” (leggi). L’articolo sostiene anche che “è […] ovvio che il primo elemento unificatore del Global South dovesse essere la critica all’Occidente”. Da questo punto di vista, l’attenzione che la SCO ha attirato su di sé tradisce forse “la preoccupazione che ciò simboleggi l’ascesa di un nuovo sistema internazionale […], contrapposto a un Occidente in crescenti difficoltà”, come scrive uno stimolante editoriale di Avvenireleggi.

 
Parole chiave: Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO; Sud Globale
 

Nell’agosto 2022, Euronews effettuò un’indagine sui sentimenti prevalenti in una ventina di paesi europei (membri dell’UE e candidati all’adesione) a pochi mesi dall’offensiva russa in Ucraina (leggi). Colpivano le differenze tra le opinioni espresse a seconda del collocamento geografico: se in Italia, Francia o Spagna le riflessioni erano soprattutto sulle conseguenze del conflitto a livello nazionale (costi energetici, contributi alla NATO, eccetera), in Polonia, nel Baltico e in Scandinavia prevaleva il timore di un attacco diretto. Comprensibile quindi che, ad esempio, Svezia e Finlandia abbiano rapidamente aderito alla NATO (lo ricorda un articolo di RaiNewsleggi), determinando una serie di significative conseguenze geopolitiche (vi si sofferma un articolo di Timeleggi). A distanza di oltre tre anni, non sembra che la disparità di sensazioni si sia attenuata. Anzi: soprattutto tra i vicini della Russia, la paura di un’invasione è diventata sempre più concreta e i paesi baltici si sentono quanto mai “in prima linea” – Forbes Italia ha riassunto le questioni che potrebbero determinare un casus belli (leggi). Quanto concreta sia la possibilità di un’escalation conflittuale è testimoniato anche dal dispiegamento di strumenti di guerra ibrida da parte di Mosca. Alcuni articoli recentemente pubblicati sul sito del Sole24Ore offrono una sintesi puntuale delle provocazioni sempre più aggressive della Russia: leggi e leggi. L’offuscamento del GPS dell’aereo su cui viaggiava Ursula von der Leyen alcuni giorni orsono (leggi quanto scritto dall’ANSA), se effettivamente causato da un’azione russa, potrebbe rientrare tra tali provocazioni

 
Parole chiave: Russia; Paesi Baltici; Guerra ibrida
 

In ogni presentazione di un bilancio previsionale da parte di uno Stato o di un’Istituzione è pressoché inevitabile che risuonino toni enfatici e promesse mirabolanti: occorre giustificare l’uso dei fondi che si chiedono ai cittadini, dimostrandosi al contempo ambiziosi e generosi. “Un sostanzioso aumento del tenore di vita dei lavoratori è il principale obiettivo del nono Piano quinquennale” diceva Leonid Brežnev nel 1971 nella sua relazione al XXIV congresso del PCUS (leggi sul sito marxists.org, in particolare da pag. 68 segg.), annunciando l’innalzamento del benessere materiale e culturale del popolo sovietico e la crescita della produzione di beni di consumo. Oltre mezzo secolo dopo, presentando la propria proposta di quadro finanziario pluriennale UE (QFP) 2028-2034, la Commissione ha usato una retorica tutto sommato analoga, sostenendo che tale quadro “doterà l’Europa di un bilancio per gli investimenti a lungo termine commisurato alla sua ambizione di rendere la società e l’economia indipendenti, prospere, sicure e fiorenti nel prossimo decennio” (leggi su Europa.eu). Tuttavia, se nell’URSS di Brežnev non era pensabile che ad un piano quinquennale venissero mosse obiezioni, critiche aspre sono piovute da ogni dove sul QFP della Commissione, come risulta dai numerosi commenti riferiti dall’agenzia Reuters (leggi) o dal titolo di una corrispondenza di Euronews (“La metà degli Stati UE tra cui l’Italia si oppone alla proposta di bilancio: troppa centralizzazione nei fondi da parte della Commissione”): leggi. Le preoccupazioni sono diffuse in particolare nel mondo agricolo e nelle regioni periferiche, in quanto la proposta di QFP prevede anche una rimodulazione della politica agricola comune e della politica di coesione. La prospettiva della Commissione è illustrata sul suo sito (leggi), mentre alcune delle principali critiche italiane sono riassunte da Sicilia Agricoltura (leggi)

 
Parole chiave: Quadro finanziario pluriennale; Critiche; Agricoltura; Coesione
 

Il 3 e 4 ottobre i cittadini cechi saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento e i sondaggi tracciano un quadro già chiaro dell’esito del voto: dovrebbe vincere il partito ANO dell’ex primo ministro Andrej Babiš, raccogliendo oltre il 30% dei suffragi (leggi su Prague Daily News). L’attacco fisico subito da Babiš durante un comizio il 1° settembre (leggi sulla BBC) potrebbe aiutarlo ulteriormente. Non si può tuttavia dimenticare che anche prima delle ultime elezioni (2021) ANO (Akce nespokojených občanů – Azione dei cittadini insoddisfatti) era dato per favorito, ma alla fine venne superato dalla coalizione di centrodestra Spolu (Insieme) con a capo Petr Fiala, che da allora guida il Governo: leggi l’analisi post-elettorale di whogoverns.eu. Va sottolineato, come fa tale analisi, che con le elezioni del 2021 è praticamente scomparsa dal Parlamento la sinistra tradizionale, mentre le forze di destra – dalle più moderate alle estreme – hanno enormemente accresciuto la loro presenza. Se la coalizione che sostiene Fiala è infatti di centrodestra, ANO (oggi principale partito di opposizione) si è progressivamente spostato su posizioni di destra radicale e populista, fino ad essere uno fondatori del gruppo dei Patrioti per l’Europa al Parlamento europeo, cui aderisce anche la Lega di Salvini (leggi quanto scritto dalla Reuters). Se i sondaggi per le prossime elezioni dovessero rivelarsi corretti, l’Unione europea (di cui la Repubblica ceca è membro dal 2004) vedrebbe ulteriormente aumentare gli intralci ad alcune delle sue politiche chiave, prima fra tutte quella nei confronti dell’Ucraina: un anno fa, già paventando un ritorno al potere di Babiš, Politico.eu ammoniva che “L’avanguardia centro-europea di Putin minaccia di espandersi in Cechia” (leggi). Più recentemente, è stato il sito Visegrad.info a descrivere la parabola di Andrej Babiš da sostenitore a fustigatore dell’assistenza all’Ucraina e che ora accusa il governo “di dare priorità agli stranieri rispetto alle famiglie ceche” (leggi).

 
Parole chiave: Repubblica ceca; Andrej Babiš; Destre europee