Il correntismo politico italiano sembra avere una storia lunghissima, legata a tutta una serie di fattori che vanno dalle convinzioni ideologiche (quando ancora esistevano le ideologie), ai banali episodi di antipatia personale tra rappresentanti dello stesso partito, con corollari di “appoggi esterni” e “governi balneari”. Sarebbe sbagliato tuttavia considerare il fenomeno come tipicamente italiano. Anche dove la storia politica e le scelte istituzionali hanno portato al prevalere di strutture partitiche apparentemente monolitiche, la presenza di correnti interne è tutt’altro che rara. Ne è un esempio il Regno Unito, dove il maggioritario puro ha favorito una semplificazione estrema del sistema dei partiti. È così avvenuto che, sia all’interno del Labour, sia tra i Tory, i punti di dissidio tra fazioni contrapposte raggiungano livelli forse sconosciuti in Italia, dove piace molto di più inventarsi scissioni. È di questi giorni un duro attacco di un nutrito numero di giovani deputati conservatori nei confronti del Primo ministro Rishi Sunak e più in particolare della sua politica in materia di immigrazione, giudicata troppo debole. Racconta la fronda a Sunak un articolo di Politico.eu: leggi. Eppure è un fatto che il Primo ministro britannico non sia propriamente una colomba in materia di lotta all’immigrazione clandestina, visto che aveva fatto suoi i progetti (di Boris Johnson) di “ricollocamento” di migranti in Ruanda, progetti vanificati poi dai giudici della Corte d’Appello di Londra (ne ha riferito, tra gli altri, il Corriere del Ticino: leggi).
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