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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 18/02

La foto di Draghi, Macron e Scholz sul treno per Kiev nel giugno 2022 (riprodotta anche in un articolo di Leggovedi) sembra oggi il reperto di un momento storico ormai lontano, anche per come paiono essersi ricomposte alcune alleanze intra-europee. Meno mediatizzata, ma emblematica, circola ora la fotografia dei Ministri degli esteri di Francia, Germania e Polonia (pubblicata anche dall’ANSAvedi), riunitisi il 12 febbraio a Parigi per rilanciare il Triangolo di Weimar, un forum di dialogo politico tra i tre paesi, varato nel lontano 1991 (ne riferisce Euractiv.itleggi). La decisione di rivitalizzare la collaborazione tra Parigi, Berlino e Varsavia è senza dubbio dovuta al fatto che, con l’insediamento di Donald Tusk come Primo ministro polacco nel dicembre 2023, francesi e tedeschi hanno ritrovato un convinto europeista con cui collaborare anche sul terreno istituzionale europeo (ne ha scritto Le Mondeleggi). Tuttavia, non va trascurato l’aspetto strategico del rilancio del Triangolo di Weimar alla luce dell’evoluzione dell’aggressione russa all’Ucraina, con la crescente minaccia percepita dai paesi baltici, da quelli dell’Europa centrale e dalla stessa Polonia, come suggerito da Politico.eu (leggi).

 

La conquista del governo da parte delle destre in Italia nel 2022 e la generale tendenza alla crescita di forze fortemente conservatrici (se non apertamente reazionarie) in molti paesi democratici, ha dato avvio ad un dibattito sull’egemonia culturale che, quando non condizionato da toni meramente propagandistici, merita attenzione ed approfondimento. (Il retroterra del dibattito stesso è suggerito da un articolo apparso sul sito della sinistra statunitense Jacobinleggi.) In questo ambito, il termine “culturale” non può essere ristretto all’accezione relativa al campo delle arti e dello spettacolo, ma va esteso all’intero spettro della storia e della vita civili. Per la destra di derivazione novecentesca che, dal 1945 in Europa occidentale e dal 1989 in quella centro-orientale, si è trovata a dover operare in un contesto costituzionale d’ispirazione liberal-progressista, è di fondamentale importanza poter usare l’egemonia elettorale per conquistare l’egemonia culturale e così modificare tale contesto. Ne hanno dato una dimostrazione pratica assai istruttiva le due legislature consecutive guidate, in Polonia, dal partito conservatore PiS (Diritto e Giustizia). Come indica un interessante articolo del New York Times, dopo otto anni di interventi che hanno intaccato il bilanciamento dei poteri dello Stato liberale, “il problema (…) è che l’erosione delle istituzioni polacche ha lasciato il paese senza un consenso in merito a chi abbia potestà nel dirimere conflitti giuridici” (leggi).

 

I ripetuti viaggi in Medioriente del Segretario di Stato americano Blinken per cercare ti trovare un accordo sulla sospensione delle ostilità nella guerra che oppone Israele ad Hamas dopo il massacro del 7 ottobre 2023, contrastano con la posizione decisamente defilata della diplomazia europea, a partire dall’altro rappresentante Borrell che sembra limitarsi a dichiarazioni di condanna, avendo rinunciato ad un’azione propositiva (tra gli ultimi esempi, quello riportato dall’ANSAleggi). Una conferma del fatto che l’UE appare praticamente esclusa dal vivo della questione è data anche dall’assenza di Bruxelles tra le tappe del viaggio di re Abdullah di Giordania in varie capitali, al fine di perorare il cessate il fuoco (ne ha scritto Arabnewsleggi). L’attività diplomatica messa in moto dal conflitto israelo-palestinese travalica tuttavia la risoluzione del conflitto stesso e sembra già prefigurare riposizionamenti di vari attori sulla scena mediorientale. È quanto suggerisce una ben informata analisi del sito libanese L’Orient Today (leggi) che esamina i tentativi dell’Egitto di Al Sisi di ritrovare un ruolo in Libano.

 

All’interno del Parlamento europeo, i due gruppi più a destra dell’emiciclo, quello dei Conservatori e Riformisti europei (ECR - sito) e quello di Identità e Democrazia (ID - sito) sono rimasti a lungo marginali sia per scelta politica, sia per l’impossibilità numerica di competere con l’alleanza tra popolari, socialisti e democratici e liberali. Probabilmente le cose cambieranno dopo il 9 giugno prossimo. Ciò non significa tuttavia che ECR ed ID si ritroveranno più vicini (le loro differenze di fondo sono state illustrate da un articolo del Il Mulino dello scorso dicembre: leggi). In vista delle elezioni, tra i due gruppi si è aperta una sorta di competizione per l’aggregazione di formazioni di destra e destra estrema di vari paesi. Un vulnus particolare inizia però a manifestarsi, legato proprio ad uno dei fondamenti dell’ideologia che accomuna queste forze politiche: il nazionalismo. Come riporta Euractiv.it (leggi), l’eventuale adesione del partito Fidesz di Viktor Orbán al gruppo ECR farebbe desistere i rumeni dell’AUR - Alleanza per l'Unione dei Rumeni (accreditata del 18% nel suo paese secondo il sito IPS Journalleggi) dall’entrare nello stesso gruppo. Secondo un esponente dell’AUR “gli ungheresi hanno rivendicazioni territoriali che ci rendono impossibile essere nella stessa alleanza”.  

 

Fuori dalle luci dei riflettori, ormai puntati soprattutto su Ucraina e Medioriente, il sismografo della geopolitica continua a registrare fenomeni di notevole intensità nell’area caucasica, e in particolare nei rapporti tra Armenia ed Azerbaijan. Dopo la conquista del Nagorno-Karabach da parte di quest’ultimo e la pulizia etnica del territorio che ne è conseguita (come ha scritto Avvenireleggi), le parti si sono sedute al tavolo delle trattative, ma un recente scontro a fuoco con la morte di alcuni soldati armeni testimonia della fragilità della situazione, come ha riferito un articolo della BBC (leggi). Una fotografia a corredo di tale articolo illustra assai bene quale sia la posta in gioco regionale, che va ben al di là del raggiungimento di un accordo tra armeni ed azeri. L’immagine riprende i lavori di pavimentazione di una strada lungo il cosiddetto Corridoio di Zangezur, una via di fondamentale importanza per collegare il Caspio e l’Asia centrale direttamente alla Turchia, escludendo l’Iran. Ne ha scritto circa un mese fa un articolo di Scenari Economici (leggi) che illustra il tracciato del Corridoio su una carta della regione. Le conseguenze a livello internazionale sono analizzate da un breve studio appena pubblicato da Carnegie Europeleggi.

 

Non solo la stampa francese, ma anche quella internazionale (così l’Osservatore romano – leggi) ha dato notizia della morte, il 9 febbraio scorso, di Robert Badinter sottolineando come l’ex Guardasigilli di François Mitterand sia stato il promotore dell’abolizione della pena di morte in Francia (il testo del suo celebre discorso del 1981 all’Assemblea Nazionale che iniziava con la frase “Signori deputati, ho l'onore di chiedere l'abolizione della pena di morte” è disponibile sul sito istituzionale – leggi). In verità il nome di Badinter è legato anche al processo della creazione di Stati indipendenti a seguito della disgregazione dell’ex Iugoslavia, come ha ricordato BalkanInsightleggi. La complessità del lavoro (sovente pionieristico) svolto in tale occasione dalla Commissione arbitrale della Conferenza sulla Jugoslavia, presieduta proprio da Badinter, è illustrata sul sito divulgativo Lo spiegoneleggi. La documentazione ufficiale relativa ai risultati prodotti dalla Commissione Badinter è disponibile sul sito dell’Università di Lubianaleggi.