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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 23/07

Da Alessandro Magno in poi, l’idea di condurre una guerra lampo è stata per molti generali un sogno ben presto trasformatosi in un incubo. Superati i 500 giorni guerra, probabilmente è così anche per i capi dall’esercito russo. Ma in realtà una guerra che dura da tanto tempo, in un territorio ormai solcato da trincee e cosparso di campi minati, sta diventando un incubo per tutti, e in particolare per noi europei – e comincia a diffondersi il dubbio che il conflitto scatenato da Putin il 24 febbraio 2022 sia destinato a trasformarsi in una guerra infinita. Dopo 500 giorni di combattimenti difficile immaginare che una battaglia campale sia alle porte e designi un vincitore assoluto. Cominciano pertanto a circolare ipotesi che prevedono almeno una cessazione delle ostilità. Un’analisi interessante è quella proposta da Massimo Nava sul sito del CeSPI: leggi. Dal medesimo sito è anche possibile scaricare uno studio esteso e dettagliato circa l’influenza della guerra in Ucraina sui due storici alleati della Russia nei Balcani, Serbia e Bosnia (con un focus sulla Republika Srpska): leggi.

 

Il mondo arabo ha una storia di rapporti assai “complicati” con l’Africa nera. Per secoli, i trafficanti di schiavi europei (e non solo) si sono affidati alle razzie compiute proprio dagli arabi nel profondo del continente per approvvigionarsi della particolare “merce” di cui avevano bisogno. Celebre è rimasto il nome di Tippu Tip (Muhammed Bin Hamid), capace di costruirsi una fortuna nella seconda metà del XIX secolo con i proventi del commercio di schiavi (alcuni cenni sul personaggio si trovano nella Britannica: leggi). Forme di vero e proprio razzismo nei confronti dei neri sub-sahariani continuano del resto a manifestarsi in molti paesi arabi. Attualmente sono particolarmente forti in Tunisia, come ha scritto sul suo sito in inglese Al Jazeera: leggi. Della delicatezza della situazione si spera abbia tenuto conto Giorgia Meloni nei suoi ripetuti viaggi a Tunisi. Ambizione di Meloni era quella di trovare un accordo sulla gestione dei flussi migratori, ma anche di consolidare i rapporti con il Presidente Kaïs Saïed e fare della Tunisia la chiave di volta della politica italiana nei confronti della sponda meridionale del Mediterraneo. Estremamente utile per comprendere in che modo queste aspirazioni della politica estera italiana possano eventualmente concretizzarsi – e con quali conseguenze – è un articolo pubblicato su Dialoghi mediterranei, periodico online dell’Istituto euroarabo: leggi.

 

Le ricorrenze di piccoli o grandi eventi storici costituiscono sempre occasioni per riflettere sulla necessità di conoscere il passato per costruire il futuro. In particolare, le ricorrenze offrono l’opportunità di contestualizzare, in una prospettiva temporale, l’agire delle persone coinvolte negli eventi rievocati. Sebbene sia stato praticamente ignorato dalla stampa, l’anniversario del massacro di Podhum, nei pressi di Fiume, di cui si macchiò l’esercito italiano nel luglio 1942, invita a riconsiderare il mito sempre vivo degli “italiani brava gente”, che troppe volte ha impedito che nel nostro paese si facessero veramente i conti con il fascismo, a differenza di quanto seppero fare ad esempio i tedeschi rispetto al nazismo. Tra i pochi a ricordare il massacro di Podhum è stato Eastjournal: leggi. Del fatto che quello degli “italiani brava gente” sia nient’altro che un mito c’è più consapevolezza all’estero che in Italia, come dimostra una ricerca di una studentessa della Brown University di Rhode Island: leggi.

 

Quello che nel gergo delle Istituzioni europee è correntemente chiamato “screening” corrisponde ad una procedura tanto importante quanto misconosciuta del processo di adesione di un paese all’UE. Si tratta del confronto tra le specifiche norme nazionali vigenti nel paese interessato e la corrispondente legislazione comunitaria, in modo da definire quali correzioni siano necessarie per giungere al completo allineamento richiesto ai fini dell’accesso all’Unione. Con la Turchia, paese candidato all’adesione dal lontano 1999, la Commissione ha avviato le operazioni di screening nel 2005, contemporaneamente a quelle con la Croazia. Si sa come il processo si sia poi evoluto: la Croazia è membro dell’UE dal 2013, mentre i negoziati con la Turchia si sono totalmente arenati. È stata conseguentemente una sorpresa la richiesta di rilanciare tali negoziati, formulata dal Presidente Erdoğan e inizialmente interpretata come una contropartita per il via libera all’adesione della Svezia alla NATO. Quanto inverosimile sia tuttavia una tale ipotesi è apparso evidente dai pochi commenti provenienti dalle Istituzioni di Bruxelles e dagli Stati membri: la portavoce della Commissione si è limitata a ribadire che l’adesione alla NATO della Svezia e quella della Turchia all’UE sono due processi totalmente distinti (come riportato da EUNews: leggi). Alcune considerazioni in merito ad un’eventuale adesione turca sono materia di un articolo apparso sul sito Geopoliticalmonitor: leggi.

 

Non è un caso che la data del vertice tra l’UE e la Comunità dei paesi dell’America latina e dei Caraibi (CELAC) si sia tenuto il 17 e 18 luglio. Si è voluto, cioè, far coincidere la riunione con il turno di presidenza spagnola del Consiglio dell’UE, dato che la Spagna è, tra tutti gli Stati membri, quello che intrattiene i rapporti più stretti con il Sudamerica. Il vertice era atteso per vari motivi. È dal 1999 che un importantissimo accordo commerciale (Mercosur) è stato concluso dalle parti, ma che non è stato ancora ratificato. Molti paesi della CELAC che per tanto tempo sono stati politicamente molto vicini all’Europa hanno cominciato a muoversi con maggiore autonomia, spesso cedendo alle lusinghe cinesi. Infine, la guerra in Ucraina ha visto importanti nazioni sudamericane evitare di schierarsi apertamente con il fronte occidentale che sostiene Kiev. Tutto questo ha condizionato evidentemente il vertice, che tuttavia non può essere considerato un fallimento, se non altro perché ha rilanciato il dialogo ai massimi livelli e, soprattutto, sembra aver avvicinato la chiusura definitiva dell’accordo Mercosur. Il comunicato finale della riunione è disponibile sul sito del Consiglio: leggi. Per un resoconto ragionato dell’evento si veda quanto ha scritto l’ISPI: leggi. Poi, siccome ognuno tira l’acqua al suo mulino, l’agenzia spagnola Efe parla ovviamente di vertice storico: leggi.

 

Pur non giungendo ad iniziative eclatanti come quelle prese dall’Ungheria per tenere fuori dai propri confini i migranti della rotta balcanica (già un anno fa denunciava la situazione anche Famiglia Cristiana: leggi), l’Austria non si è certo distinta come paese particolarmente accogliente. In realtà, una tale affermazione va subito corretta, in quanto l’Austria è sempre stata pronta a ricevere ed integrare migranti, purché funzionali al suo mercato del lavoro. Con l’invecchiamento della popolazione e la crescente carenza di personale soprattutto nel settore dei servizi, Vienna si è ormai lanciata in una politica di reclutamento di lavoratori specializzati di paesi terzi (extra-UE), ai quali sono offerte condizioni particolarmente vantaggiose, compresa la prospettiva del ricongiungimento familiare. La “chiave” per un tale accesso privilegiato al mercato del lavoro austriaco è la cosiddetta Rot-Weiss-Rot Karte (i dettagli sono sul sito del Ministero degli interni: leggi), che il Governo intende distribuire in numeri crescenti, come ha scritto Euractiv: leggi.