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I NOSTRI CONNAZIONALI ALL'ESTERO SONO UNA RISORSA PREZIOSA!

L'8 agosto 1956 la miniera di Marcinelle, in Belgio, ingoiava 262 vite umane di cui 136 italiani, un po' da tutte le regioni, anche se il triste record spetta all'Abruzzo, tra cui 7 nostri corregionali del FVG. È una tragedia scomoda da ricordare perché ci riporta ai tempi in cui erano i nostri connazionali ad emigrare. E trovavano – proprio in Belgio - cartelli del tipo “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani “! Ricordiamolo, ai giovani, e ricordiamo anche che, per fortuna, già l'anno dopo è partito il processo di integrazione europea, con l’Italia tra i membri fondatori, che, nonostante tanti incidenti di percorso, ci ha portato all'Unione europea come la conosciamo oggi, alla moneta unica e all'area Schengen!

Qualche anno fa ho avuto l'onore di partecipare alle annuali commemorazioni che si tengono a Marcinelle (bisogna dire che il Belgio non ha tentato di cancellare la memoria di quanto accaduto ma al contrario ha trasformato il sito di “Bois du Cazier” in un museo, a ricordo delle vittime) e ho potuto parlare con qualche italiano che vive ancora là e aveva ancora ricordi diretti di quegli avvenimenti e mi ha stupito per la sua dignità ed equilibrio di giudizio. Non me ne vogliano gli amici belgi se riporto un aneddoto che mi ha raccontato uno di loro, con malcelato orgoglio: pur essendo arrivato in Belgio con l'unico paio di scarpe che aveva, ricordava anche di aver suscitato l'ammirazione delle persone del villaggio del Belgio rurale dell'epoca, che indossavano solo e rigorosamente zoccoli!

Dunque bene ha fatto il segretario dem, Enrico Letta, a recarsi a Marcinelle, testimoniando vicinanza ai nostri connazionali all'estero e distinguendo correttamente tra emigrazione storica e attuale mobilità professionale dei giovani (sovente chiamata impropriamente “nuova emigrazione”), ma al tempo stesso dimostrando sensibilità per la dimensione più intima ed umana (oltre a quella politica) del fenomeno migratorio attuale. Il nostro Paese infatti è sempre stato latitante rispetto alla propria diaspora di cittadini in ogni angolo del mondo, mentre paesi ben più piccoli del nostro hanno saputo coltivarla. L'assenza, ancor oggi, di scuole in lingua italiana e perfino di corsi di italiano organizzati dai nostri consolati, anche in paesi europei, ne è la prova inconfutabile e non ci sono ristrettezze di bilancio che lo giustifichino.

L'auspicio è che non ci si dimentichi dei nostri connazionali all'estero una volta finita la campagna elettorale,  qualunque sia il nuovo governo, né delle cause e delle implicazioni, a livello quanto meno europeo, del fenomeno migratorio attuale. Ma con proposte costruttive e lungimiranti, non con facili slogan, del tipo “prima gli italiani“!

Giorgio Perini