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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali - 09/10


Centri studi ed analisti hanno iniziato a dedicare spazio alle prossime elezioni turche, previste per il 2023. Per il Presidente Erdoğan la partita è ancora lungi dall’essere vinta. A pesare è soprattutto la complessa situazione economica, con un tasso d’inflazione che ha ormai superato l’80% e la moneta che in un anno si è deprezzata di oltre il 50%; eppure il PIL è in crescita. Per cercare di assicurarsi consensi tra le fasce meno abbienti della popolazione, Erdoğan ha lanciato un grande piano di edilizia popolare per la costruzione di mezzo milione di alloggi in cinque anni, come spiega il sito corrierenazionale.net (leggi). Ma è soprattutto sul piano internazionale che il Presidente cerca di accreditarsi come attore insostituibile, anche agli occhi dei propri cittadini. Oltre al ruolo di mediatore tra Ucraina e Russia, è in Siria che gioca una partita molto importante e rischiosa. Ne parla Affari Internazionali: leggi. Il quadro complessivo della situazione è ben illustrato in un articolo proposto sul sito dell’ISPI: leggi.
 

Gli Stati membri hanno approcci molto diversi all’esercizio della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Alcuni (in particolare i più grandi e membri di lunga data) usano il semestre per promuovere iniziative conformi ai loro obiettivi di politica comunitaria, altri si limitano a garantire il coordinamento e la continuità delle attività istituzionali. Altri ancora sfruttano il mandato per cercare di accrescere la loro visibilità. Non rientra certo in quest’ultimo gruppo la Repubblica ceca che, presidente di turno sino a fine anno, sta dimostrando efficienza ma anche sobrietà nello svolgimento dei compiti affidatigli. D’altra parte, il paese ha già dato prova di essere uno degli Stati membri di recente adesione meglio integrati nell’Unione. La dimostrazione di ciò viene paradossalmente anche da un’analisi degli andamenti demografici, che differenziano la Repubblica ceca dagli altri paesi dell’ex blocco sovietico. Un articolo ricco di dati, ma anche di utili spunti di riflessione è pubblicato da BalkanInsight: leggi.

 

Molte delle discussioni sul merito o sul demerito delle sanzioni alla Russia in risposta all’attacco all’Ucraina guardano al momento attuale e mancano di prospettiva. Anche la drastica riduzione dell’acquisto di gas russo da parte dei paesi europei, sebbene non sia una sanzione propriamente detta, deve essere considerata nel lungo termine. Quando la guerra sarà finita e le sanzioni abrogate, molte attività potranno riprendere da dove sono state interrotte. Non così però per le forniture energetiche (colonna portante del commercio russo) destinate ad essere una frazione di quelle del passato e a ridurre così significativamente i proventi delle esportazioni. L’Europa infatti ha già firmato contratti per l’acquisto di grandi volumi di gas da altri paesi, e non tornerà facilmente indietro. A guardar bene però vien da chiedersi se la fretta non sia stata cattiva consigliera e la scelta dei nuovi fornitori un po’ sbrigativa, con il rischio di cadere dalla padella alla brace. Il dubbio aumenta alla lettura dell’interessante articolo (in italiano) di Euractiv.it dedicato all’Azerbaijan: leggi.

 

Di “Europa a due velocità” si è iniziato a parlare nell’ultimo decennio del secolo scorso, riferendosi essenzialmente alla politica monetaria e tracciando una distinzione tra i paesi dell’area Euro e gli altri Stati membri. L’espressione è poi stata ripresa in moltissimi contesti, in pratica ogni volta che le resistenze di alcune capitali nei confronti di iniziative perorate da altre erano percepite come causa di stallo. Ben presto tale espressione è diventata sinonimo di possibile divisione tra un’Europa di “serie A” e una di “serie B”. L’ultimo ad essere accusato di sostenere una tale categorizzazione è stato Emmanuel Macron quando, per dare all’Ucraina una prospettiva immediata di avvicinamento all’UE pur nella consapevolezza che un’adesione richiederà tempi lunghi, ha suggerito la creazione di una “Comunità politica europea” aperta a tutti i paesi del continente. Sorprendentemente, l’idea del Presidente francese è piaciuta a tanti e ben 44 paesi hanno confermato la loro partecipazione alla prima riunione della nuova Comunità, il 6 ottobre a Praga. E persino il Regno Unito, ancora alle prese con le conseguenze della Brexit, ha voluto essere della partita. Il sito di Italia Oggi ha dedicato un articolo alla vicenda: leggi.

 

I meno giovani tra i lettori di questa rassegna stampa ricorderanno le drammatiche corrispondenze degli inviati in Irlanda del Nord durante quelli che erano eufemisticamente chiamati troubles. Erano resoconti di faide ferocissime; una vera e propria guerra civile che causò migliaia di morti. Gli accordi del “venerdì santo” 1998, fortemente voluti dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, consentirono il ritorno alla pace, anche se episodi di violenza settaria persistono. Fondamentale per il raggiungimento del compromesso alla base degli accordi fu una modifica della Costituzione della Repubblica d’Irlanda, in virtù della quale non veniva più rivendicata l’unità dell’isola sotto l’autorità di Dublino, bensì l’aspirazione ad un’Irlanda pacificamente riunita. Tale aspirazione è rimasta defilata per un quarto di secolo, ma ora riaffiora con un’importante iniziativa organizzata a Dublino di cui ha riferito la BBC (leggi). Pur non volendo dubitare della buona fede dei protagonisti dell’incontro, resta da segnalare che forse qualche stimolo è venuto dalla notizia che per la prima volta i cattolici in Irlanda del Nord sono più numerosi dei protestanti, come raccontato da Europa Today: leggi (in italiano).

 

Come segnalazione conclusiva della rassegna stampa odierna di Dialoghi europei proponiamo un testo che per qualcuno può presentare anche tesi opinabili, ma che induce a riflettere su alcuni temi di fondamentale importanza per chiunque coltivi uno spirito libero e progressista. Si tratta di un articolo di Carlo Panella pubblicato da Linkiesta (leggi), nel quale l’autore si chiede come mai la lotta delle donne iraniane non stia incontrando la solidarietà che ci si sarebbe potuti aspettare da parte dei movimenti femministi e di sinistra. Panella, politicamente vicino alla nuova maggioranza di destra, è anche saggista esperto di Islam e Medio oriente.