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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali 27/06 - 03/07

La concessione dello status di paesi candidati all’adesione all’UE ad Ucraina e Moldavia ha ricevuto ampissima attenzione da parte dei mezzi di comunicazione. Uguale attenzione avrebbe dovuto ricevere (e non sempre è stato così) la contestuale mancata concessione di analogo status alla Bosnia-Erzegovina. C’è indubbiamente un po’ di cinismo (o almeno tanta Realpolitik) nella decisione dei Capi di Stato e di Governo dell’UE: la prospettiva di adesione dell’Ucraina si misura in decenni, quella della Bosnia (a partire dal momento in cui divenisse “paese candidato”) richiederebbe azioni e negoziati praticamente immediati. Di certo immediati rischiano di essere i danni causati dall’ennesima procrastinazione della decisione sulla Bosnia-Erzegovina, come spiega il bel articolo apparso sul sito BalkanInsight.comleggi.

 

La guerra in Ucraina ha accentuato l’importanza strategica dei paesi della costa sud del Mediterraneo, ricchi di idrocarburi che possono vendere all’Europa desiderosa di affrancarsi da quelli russi. L’Italia, del resto, è stata tra i paesi più lesti e disinvolti nel procacciarsi forniture alternative, in Algeria ma non solo. In realtà tutta la regione sta assumendo grande rilievo strategico per l’Europa e per l’occidente in genere, visto che vi si giocano varie partite assai delicate: quella energetica, quella delle migrazioni, quella del contrasto alla penetrazione cinese, russa, turca… Un’analisi chiara e puntuale è proposta dal sito Med-Or.org che, vale la pena sottolineare, appartiene alla Fondazione Leonardoleggi.

 

Il prossimo futuro ci dirà se la tendenza verrà confermata, ma sembra proprio che la parabola politica di Recep Tayyip Erdoğan abbia superato l’acme. Il presidente turco continua ad essere un personaggio di primissimo piano sullo scenario mondiale, ma mentre fino ad uno o due anni fa erano altri leader mondiali a blandirlo e a sollecitare il suo intervento, ora è lui a doversi proporre per poter contare. È così per il ruolo di mediatore tra Russia ed Ucraina che si è ritagliato per la soluzione del problema del grano bloccato nei silos. Ma è così anche per la ricomposizione della frattura con l’Arabia Saudita e il principe Mohammed Bin Salman: la Turchia ha dovuto acconsentire al trasferimento a Riyad del processo contro i mandanti dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi affinché tale ricomposizione divenisse possibile. Un articolo sui nuovi rapporti turco-arabi è apparso sul sito dello IARI (Istituto Analisi Relazioni internazionali)leggi.  

 

Soprattutto da quando ha assunto il controllo del porto del Pireo (2016), la presenza della Cina nei Balcani occidentali è guardata con preoccupato interesse da molti osservatori occidentali nonché ovviamente dalle Istituzioni europee. Le preoccupazioni si sono moltiplicate l’anno scorso quando il Montenegro è stato salvato in extremis da alcune banche occidentali in quanto non era in grado di rimborsare un prestito ricevuto dalla Cina destinato a finanziare i lavori di costruzione di un’autostrada appaltati ai… cinesi stessi. Ora un nuovo motivo di preoccupazione si affaccia nella regione: il pericolo è più subdolo in quanto concerne la potenziale manipolazione delle opinioni pubbliche tramite la messa a disposizione dei media di notizie ed informazioni prodotte da agenzie controllate da Pechino. Ne scrive EastJournalleggi.

 

Fino al giorno dell’attacco russo all’Ucraina, i rapporti tra l’Unione europea e la Polonia erano tesissimi a causa delle posizioni assunte dal governo ultra-conservatore di Varsavia in materia di quelli che sono considerati i diritti fondamentali (e fondanti) dell’UE. La sua posizione di prima linea nello scontro tra occidente e Mosca ha fatto mettere la sordina ai dissapori, ma i problemi di fondo non sono stati rimossi. Certo la Commissione ha attenuato la propria rigidità circa l’assegnazione dei fondi del PNRR, ma è rimasta intransigente sulla richiesta di “correzioni” a varie disposizioni adottate dalle autorità polacche. Una delle materie del contendere era il trattamento discriminatorio verso le persone LGBT e proprio su questo terreno si sono avuti dei segnali positivi, come segnala Euractiv.itleggi.

 

Non è un bel periodo per Boris Johnson tra perdita di consenso in seno al partito conservatore e cocenti sconfitte elettorali nelle ultime consultazioni suppletive. Lo salvano ancora le performance in politica estera quale campione del sostegno all’Ucraina. Ma le vere grane sono all’interno e soprattutto il “fantasma” della Brexit non sembra volerlo abbandonare. Il suo Governo ha avviato le procedure legislative per derogare unilateralmente da alcune disposizioni dell’accordo concluso con l’UE e riguardante l’Irlanda del nord. Ma il mancato rispetto di un accordo internazionale è un fatto grave, e non mancano le voci che invocano prudenza. Il Primo Ministro britannico non sembra però farsi intimidire. Ne parla con l’abituale chiarezza la BBCleggi.