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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 21/04

Nel 1713-14 vari trattati vennero firmati a Utrecht tra le potenze europee del tempo. Uno in particolare condiziona ancora oggi la geopolitica del nostro continente: quello che suggellò la cessione, da parte della Spagna, di Gibilterra al Regno Unito (un breve sunto di quanto concordato all’epoca a Utrecht è fornito dall’Enciclopedia Britannicaleggi). Da allora, la Spagna ha ripetutamente cercato di riappropriarsi della Rocca (con metodi per lo più diplomatici, ma non solo), ma la posizione strategica di quest’ultima è sempre stata troppo importante per Londra. Le tensioni praticamente scomparvero con l’ingresso del Regno Unito (1973) e della Spagna (1986) nella Comunità europea, ma sono inevitabilmente riemerse con la Brexit (ha dedicato una sezione a Gibilterra un fascicolo della rivista Eurojusleggi). Due dei principali problemi riguardano la fine della libera circolazione (sono circa 12000 gli spagnoli che ogni giorno vanno a lavorare nella colonia) e l’uso condiviso dell’aeroporto. Per cercare di ricomporre l’ennesimo rompicapo della Brexit, i ministri degli esteri di Spagna e Regno Unito, il Primo ministro di Gibilterra e il vice-presidente della Commissione Šefčovič si sono riuniti a Bruxelles il 12 aprile. Il comunicato finale pubblicato dalla Commissione (leggi) è alquanto generico, ma per la BBC (leggi) forse una soluzione è ora vicina.

 

Dialoghi europei ha organizzato nelle scorse settimane due eventi dedicati al tema della sicurezza e della difesa in Europa. Il pubblico è stato assai numeroso, segno che l’argomento suscita interesse. Da quando, ormai da più di due anni, i “rumori di guerra” sono diventati guerra (guerre) combattuta (-e), l’opinione pubblica ha ricominciato a dibattere questioni che sembravano desuete. I tedeschi (forse il popolo europeo più sensibile, per ovvi motivi, a questi temi) guardano con particolare preoccupazione alla situazione. Per loro, la Zeitenwende, la “svolta epocale” annunciata dal Cancelliere Scholz poco dopo l’aggressione russa all’Ucraina (descritta sinteticamente dalla Treccanileggi), si traduce soprattutto nel riarmo del proprio paese. È questa la premessa di un interessante articolo sul sito della Friedrich Ebert Stiftung (leggi), che, pur focalizzato sulla Germania, costituisce un eccellente corollario alle considerazioni esposte da Riccardo Perissich e Vincenzo Camporini nel corso degli eventi sopra ricordati. L’articolo si conclude formulando una serie di stimolanti quesiti, uno dei quali introduce un collegamento non scontato tra auspicato aumento degli effettivi delle forze armate ed andamento demografico. Non privo di affermazioni provocatorie, ma ricco di spunti di riflessone è anche un articolo pubblicato dall’Associazione Jean Monnet circa sei mesi fa: leggi.

 


Pur con soli 5,5 milioni di abitanti, la collocazione geografica della Slovacchia nel cuore dell’Europa di mezzo garantisce al paese un ruolo politicamente significativo. È quindi normale che i mezzi d’informazione abbiano dato rilievo alla recente vittoria elettorale del candidato conservatore Peter Pellegrini, nazionalista che guarda con una certa simpatia a Mosca e alla Budapest di Orbán. Con Pellegrini Presidente della Repubblica, le destre slovacche si sono garantite il controllo completo delle istituzioni, dato che il Primo ministro Robert Fico è uno stretto alleato dello stesso Pellegrini. Un breve profilo politico di quest’ultimo è contenuto in un articolo del Manifesto (leggi), mentre alcune preoccupazioni per le posizioni della nuova leadership slovacca in merito al sostegno all’Ucraina sono espresse dal Sole24Ore (leggi). A livello interno, la significativa minoranza ungherese (8,5% della popolazione) sembra abbia sostenuto Pellegrini (come riferisce Eastjournalleggi): atteggiamento del quale sarà interessante seguire l’evoluzione, visto che i toni nazionalistici di Viktor Orbán ancora nel luglio dello scorso anno avevano causato una mini-crisi diplomatica tra i due paesi (come riferito da The Slovak Spectatorleggi).

 

Ben prima che Mosca invadesse ed annettesse la Crimea nel 2014, la Russia aveva appoggiato e riconosciuto le regioni georgiane secessioniste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud, in particolare dopo la cosiddetta seconda guerra dell’Ossezia del 2008 (un sunto degli accadimenti è proposto da il Postleggi).  Da allora, la società georgiana ha conosciuto fasi di grande instabilità, con la politica dominata da pulsioni contrastanti nei confronti della Russia, vicino minaccioso ma anche mercato fondamentale per l’economia di Tbilisi (dati interessanti sono contenuti in un recente documento di Transparency internationalleggi). Nel dicembre scorso, la Georgia ha ricevuto lo status di paese candidato all’adesione all’Unione europea (delinea il processo il sito del Consiglioleggi), ma non sembra proprio che il consenso nei confronti del progetto sia unanime. Gli osservatori esterni appaiono perplessi ed indecisi sull’interpretazione da dare alle iniziative delle istituzioni georgiane e ai sentimenti delle piazze, sempre in fermento. Anche sul prevalere di sentimenti pro- o anti-EU non c’è convergenza di analisi, come evidenziano un articolo dell’Osservatorio Balcani-Caucaso (leggi) e uno di Politico.eu (leggi).

 

Il raffronto è irrealistico e sproporzionato, eppure c’è chi, nel pieno del sanguinario confronto tra Israele ed Hamas, si appropria del principio dei “due Stati” per preconizzare soluzioni estemporanee del conflitto cipriota (una succinta cronistoria degli avvenimenti che hanno portato all’attuale divisione dell’isola è proposta dal sito Pillole di storia e filosofialeggi). Quando nel 2004 la Repubblica di Cipro ha aderito all’UE, il Trattato di adesione è stato integrato da un Protocollo (leggi da eur-lex) in base al quale “L'applicazione dell'acquis è sospesa nelle zone della Repubblica di Cipro sulle quali il Governo della Repubblica di Cipro non esercita un controllo effettivo”. Tale Protocollo si era reso necessario in quanto l’esistenza dell’autoproclamata Repubblica di Cipro nord (RCN - riconosciuta solo dalla Turchia) impediva e impedisce tuttora a Nicosia di esercitare la propria sovranità su una parte del paese. Sorvolando sul fatto che l’intero territorio cipriota è territorio dell’UE (un’analisi proposta dal sito europeanrights chiarisce egregiamente gli aspetti giuridici: leggi), da parte turca da un paio d’anni è stata lanciata l’ipotesi dei “due Stati” (l’emittente pubblica turca TRT pubblicò un’intervista con il “Ministro degli esteri” della RCN Ertuğruloğlu: leggi). Ora la Turchia rilancia l’idea (ne scrive ekathimerinileggi), incontrando tuttavia il netto rifiuto da parte dei greco-ciprioti (come riferisce Knewsleggi).

 


Sono quasi 300 milioni gli abitanti dei paesi che aderiscono al Mercosur, il Mercato comune del Cono del Sud America (sito ufficiale), con il quale da oltre un ventennio l’Unione europea sta cercando di formalizzare un accordo di libero scambio. Un testo era stato siglato nel 2019, suscitando grandi aspettative (così ne scrisse il sito della società di logistica sogedimleggi). Non si è tuttavia mai giunti alla ratifica in quanto alcuni settori economici (ed in particolare quello agricolo) hanno percepito l’accordo come una minaccia per la propria attività. Nelle recenti manifestazioni di agricoltori in vari paesi europei, una delle rivendicazioni del “popolo dei trattori” era proprio il blocco della procedura di ratifica finché il testo siglato nel 2019 non fosse stato emendato. Anche Emmanuel Macron si è allineato a tale posizione (come messo in evidenza dal Buenos Aires Timesleggi), condivisa del resto anche dalla nostra Confagricoltura (leggi). Ma come ha sottolineato Policy Maker Mag, se i “trattori a Bruxelles fermano il Mercosur, […] la Cina festeggia” (leggi). Del crescente interesse della Cina per l’America latina aveva scritto nell’ottobre scorso l’ISPIleggi. Ma nelle istituzioni europee i favorevoli all’accordo non mancano. Il citato Buenos Aires Times ha dato risalto (leggi) alla posizione della Delegazione per le relazioni con il Mercosur del Parlamento europeo, che ha espresso “frustrazione” per la situazione di stallo.