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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali 28/08

Com’è naturale, le cancellerie di mezzo mondo (stima per difetto, e di molto) guardano con grande attenzione alle prossime elezioni politiche italiane. Il nostro paese ha una storia di instabilità istituzionale troppo macroscopica (67 governi dall’istituzione della Repubblica) per rassicurare le diplomazie circa i loro prossimi interlocutori. Se la nomina di Mario Draghi alla Presidenza del Consiglio aveva di fatto sopito le preoccupazioni di varie capitali, la fine della sua esperienza di governo (per lo più incompresa all’estero) ha ravvivato dubbi e sospetti sulla solidità e affidabilità dell’Italia sui più importanti scacchieri internazionali. Forse è solo un’avvisaglia, ma colpisce l’esclusione di Roma dal colloquio telefonico che Biden ha recentemente avuto con Macron, Sholz e Johnson e di cui ha parlato Formiche.net: leggi.  

 

Questa rassegna stampa ha recentemente segnalato vari articoli concernenti l’Algeria e la sua importanza crescente quale fornitore di gas all’Italia. Tali articoli non nascondevano come i successi degli sforzi italiani per garantirsi ingenti approvvigionamenti energetici in provenienza dal paese nordafricano fossero stati facilitati dal raffreddamento dei rapporti diplomatici tra Algeri e Madrid, a causa del contenzioso per il Sahara occidentale ex-spagnolo, nonché di quelli tra Algeri e Parigi, tesi già da anni. Francia ed Algeria hanno tuttavia talmente tanti legami economici, sociali e culturali che è impensabile immaginare un prorogarsi delle tensioni. Si inquadra in un’ottica distensiva la prossima visita di Emmanuel Macron ad Algeri, di cui parla un articolo apparso su Agenparl.euleggi

 

All’inizio del conflitto in Ucraina, l’insistenza russa nel definire l’azione militare una “operazione speciale” e non una “guerra” è stata oggetto di innumerevoli discussioni - ed anche di ironia. A distanza di sei mesi, guardando a quanto accaduto dobbiamo riconoscere che questa “guerra” ha invero assunto caratteristiche molto particolari. Colpisce come nelle regioni ucraine non direttamente coinvolte la vita scorra più o meno normalmente, come molti dei profughi della prima ora siano rientrati nelle zone d’origine, come lo stesso Governo Zelensky continui ad essere operativo e ad occupare molte sedi istituzionali. Cominciano a circolare definizioni già usate in passato (“guerra di posizione”, “guerra di logoramento”), ma anche nuove (“guerra cibernetica” e, soprattutto, “guerra ibrida”). Questo riflette l’evoluzione della teoria e degli approcci bellici, il cui concetto probabilmente dovrà essere aggiornato quando questo conflitto sarà finito. Per comprendere come si sia giunti a questa nuova forma di “guerra moderna”, ci aiuta l’analisi proposta dal sito Osservatorioglobalizzazione.itleggi

 

L’annuncio della vendita (in realtà una concessione fino al 2054) del porto di Haifa al più grande operatore indiano del settore dei trasporti è passato inosservato al di fuori del ristretto circolo di “addetti ai lavori”, ma potrà avere conseguenze assai importanti per il futuro dei traffici marittimi nel Mediterraneo. Anche il porto di Trieste potrà beneficiarne, poiché è esplicitamente menzionato nel progetto per la realizzazione di un futuro collegamento multimodale tra la costa occidentale dell’India e l’Europa centrale. Il progetto, di cui ha parlato il sito The National degli Emirati Arabi Uniti (leggi), si presenta in un certo senso come un’alternativa alla “Nuova via della seta”. Frutto di una collaborazione tra India, EAU ed Israele (Haifa dovrebbe essere il terminale nel Mediterraneo), non a caso ha suscitato l’interesse attivo degli Stati Uniti.

 

Chissà se in futuro nelle scuole, per spiegare ai ragazzi cos’è la democrazia, si citerà anche l’esempio della Brexit. La frattura tra Regno Unito ed Unione europea è un vulnus non da poco per i reciproci rapporti. Ma da nessuna delle due parti si potrebbe nemmeno immaginare il ricorso alla forza per risolvere i contenziosi, come invece fanno senza remore gli autocrati alla Putin. In democrazia, quando c’è una controversia, la si risolve nelle sedi preposte, come sta avvenendo proprio per le dispute “post-Brexit” tra Londra e Bruxelles relative a temi di grande rilievo e, soprattutto, di grande valore economico, come la gestione degli scambi commerciali con l’Irlanda del Nord o la partecipazione del Regno Unito ai programmi scientifici dell’UE. Proprio alla decisione del Regno Unito di avviare un procedimento per risolvere quest’ultima vertenza è dedicato un articolo di EuropaToday.itleggi.

 

Prima degli eventi bellici in Ucraina, molti ignoravano la frammentazione etnica delle regioni ad est dei Carpazi, frammentazione dovuta tra l’altro alla pratica (comune in epoca zarista e utilizzata ampiamente anche da Stalin) delle dislocazioni forzate di interi gruppi etnici. Tra le popolazioni cui, nella prima metà dell’Ottocento, è stato “offerto” un nuovo luogo di insediamento figurano i gagauzi, genti di ceppo turco spostate dai Balcani all’attuale Moldova. Oggigiorno il loro numero è piuttosto limitato (circa 150.000 persone), ma la collocazione geografica delle zone in cui abitano (Moldova meridionale) e soprattutto il fatto che nella difesa della loro autonomia guardino con maggiore interesse a Mosca che a Chisinau, ne fa un elemento di instabilità regionale che si aggiunge a quello della Transnistria. Alla storia recente della Gagauzia ha dedicato un interessante articolo Balkaninsightleggi.