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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 18/09

Come in Italia, anche in Israele i cittadini saranno presto chiamati ad eleggere un nuovo Parlamento, nella speranza che poi i membri della Knesset riescano a votare la fiducia ad un Governo la cui durata non sia effimera come quella degli esecutivi che si sono succeduti negli ultimi anni (quelle del 1° novembre prossimo saranno le quinte elezioni in quattro anni). Tra il gran numero di leader e partiti che animano la scena politica israeliana (anche in virtù di una legge elettorale con una fortissima componente proporzionale) emerge nuovamente il nome di Benjamin Netanyahu, storica guida del partito di destra Likud e serio candidato alla vittoria. Ma come sempre in Israele, la possibilità di formare un Governo dipenderà dalle alleanze con una miriade di partiti minori. Un primo tentativo di definire le forze in campo è proposto da un articolo di Notiziegeopolitiche.net: (leggi).

 

Come spesso ricordato durante questi mesi di guerra in Ucraina, nel 2008 truppe russe intervennero in Georgia per sostenere – con successo – le aspirazioni indipendentiste delle regioni dell’Ossezia e dell’Abcasia. Tuttora deprivata di queste parti del suo territorio, nella primavera del 2022 la più occidentale delle Repubbliche caucasiche ha presentato domanda di adesione all’UE assieme ad Ucraina e Moldova. Contrariamente a quanto avvenuto per le ultime due, la Commissione europea non ha espresso parere favorevole alla concessione dello status di “paese candidato” alla Georgia, spronando il Governo a proseguire sulla strada delle riforme. Tale decisione ha provocato sconcerto e dimostrazioni di piazza nella capitale Tbilisi, ma una recente diatriba tra il Parlamento e la Presidenza della Repubblica a proposito di una legge sulla sorveglianza dei cittadini dimostra che la prudenza della Commissione era in realtà assai legittima. Del caso ha scritto l’Osservatorio Balcani Caucaso (leggi).

 

Forse sorprendentemente, tra i principali temi della campagna elettorale italiana ha trovato relativamente poco spazio il problema delle migrazioni. Il blocco navale proposto da Meloni è sembrato più un ballon d’essai di inizio campagna che un mantra da ripetere ad ogni occasione, e nemmeno la ruvida dialettica di Salvini è riuscita ad imporre l’argomento come fondamentale. Evidentemente per l’opinione pubblica italiana le priorità hanno assunto altri connotati. Nel frattempo si deve notare che, in assenza di una seria riflessione sulla loro gestione, i flussi migratori crescono in tutto il mondo e aggravano il problema della cosiddetta “moderna schiavitù”, cui sono strettamente associati. Dal 2016 ad oggi il numero di persone ridotte in schiavitù è globalmente aumentato di 10 milioni e coinvolge ormai 50 milioni di individui. I dati sono contenuti in un rapporto internazionale di cui riferisce Avvenire (leggi). Il testo integrale del rapporto (in inglese) è disponibile sul sito dell’organizzazione Walk Free (leggi).

 

La nomina della nuova Prima Ministra britannica è stata immediatamente offuscata dalla morte della Regina Elisabetta e nemmeno la visibilità che il cerimoniale ora offre a Liz Truss durante le lunghe esequie è sufficiente a far convergere l’attenzione sulla quarantasettenne leader del partito conservatore. Difficilmente Truss beneficerà quindi del “periodo di grazia” che in genere accompagna gli inizi di un mandato. Più di altri che l’hanno preceduta sarà quindi giudicata in base all’efficacia delle misure che adotterà in un momento economico particolarmente difficile per il Regno Unito. Uno dei primi campi di prova sarà quello dei rapporti con l’Unione europea, in merito ai quali in tempi recenti ha adottato una linea assai conflittuale, forse per far dimenticare che nel 2016 fece propaganda contro la Brexit. Una mordace descrizione delle sfide che attendono Liz Truss è apparsa su Politico.euleggi.

 

Più volte questa rassegna stampa ha segnalato le vere e proprie crisi demografiche che colpiscono in particolare i paesi del Balcani. Il fenomeno è tuttavia molto più generalizzato e anche il resto d’Europa (e non solo) è confrontato al problema. I commenti in materia che trovano spazio sui media più generalisti sono focalizzati essenzialmente sulle cause alla base di questa tendenza negativa: calo delle nascite, emigrazione di giovani, invecchiamento della popolazione. In alcuni casi, l’attenzione viene rivolta alle ripercussioni a livello sociale, mentre è più raro imbattersi in analisi che si soffermino sulle conseguenze economiche a medio e lungo termine. È proprio questo che fa invece con grande chiarezza (e senza ipocrisie) un articolo di Finanza Onlineleggi.

 

Nel momento di massima ascesa, il Movimento 5 stelle sosteneva fermamente il ricorso alla democrazia diretta quale mezzo per riavvicinare i cittadini alla politica e farli protagonisti della vita civile. Il messaggio era forte e non a caso la piattaforma su cui gli aderenti dialogavano e votavano portava il nome di Rousseau, loro vate della moderna democrazia diretta. In realtà al filosofo francese deve molto l’intero pensiero occidentale, e quello europeo in particolare: la teorizzazione del “contratto sociale” conserva non poca attualità. Nel nome di Jean-Jacques Rousseau è organizzata a Torino una serie di conferenze per riflettere sul senso dell’Europa contemporanea, che ci piace segnalare confidando vengano in seguito pubblicati sintesi e commenti. L’iniziativa è presentata in un articolo de Linkiestaleggi. Il programma è disponibile sul sito del Circolo lettori di Torinoconsulta.