News

Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 26/03

“Non bisogna toccare gli idoli: la polvere d'oro che li ricopre potrebbe restarci attaccata alle dita.” Chissà se alcuni polacchi, ammiratori appassionati della Francia e della sua cultura, avranno ripensato a questa frase di Flaubert quando una trasmissione televisiva statunitense e un nuovo libro hanno mosso accuse molto circostanziate nei confronti dell’operato di Karol Wojtyla che, quale arcivescovo di Cracovia, avrebbe coperto abusi sessuali commessi da religiosi della sua diocesi. Tali accuse hanno suscitato reazioni sdegnate da parte della Chiesa polacca e del Governo conservatore del paese, al punto che il Ministro della cultura ha dichiarato che “un attacco al papa è un attacco alla Polonia” (la frase è citata in un articolo dell’Irish Times: vedi). Ma non tutta la società civile (e persino quella religiosa) sembra essere allineata alle posizioni più oltranziste. Interessante la lettura della situazione proposta dal periodico online dei Padri Dehoniani Settimananews: leggi.

 

Nelle prime settimane della guerra in Ucraina sembrò che Israele, e in particolare il suo Primo ministro pro tempore Naftali Bennett, fosse deciso a svolgere un ruolo di mediatore per mettere rapidamente fine al conflitto (questo è il comunicato ANSA sul viaggio di Bennett a Mosca). Fallito quel tentativo e con le elezioni ormai in vista, la diplomazia di Gerusalemme ha abbozzato, rifocalizzando l’attenzione sui rapporti con i vicini mediorientali, dove gli interessi sono più immediati e vitali. L’atteggiamento non è cambiato con il nuovo governo di destra-destra guidato da Benjamin Netanyahu, che ha continuato ad operare per isolare sempre più l’Iran, percepito come il nemico più pericoloso. Anche in tale ottica, non deve essere stata una bella notizia per Israele l’accordo raggiunto a Pechino per un reciproco riconoscimento di Iran ed Arabia Saudita, proprio nel momento in cui Israele stava compiendo un grande sforzo diplomatico per riallacciare i rapporti con Riad, in evidente funzione anti-iraniana. Ha scritto in proposito Formiche.net: leggi.

 

Bisogna probabilmente diffidare dagli annunci altisonanti in merito all’avvio di negoziati tra nemici o rivali, in quanto spesso sono le trattive riservate quelle che portano a risultati concreti. Come Iran e Arabia Saudita hanno trovato un accordo tenendo segreti i loro contatti, così Grecia e Turchia hanno lavorato nell’assoluto riserbo per una ventina di giorni, raggiungendo a sorpresa un risultato di certo inatteso, in merito al reciproco sostegno in vista della candidatura dei due paesi a ruoli di primissimo piano in organismi internazionali. Come riportato dal quotidiano greco online in lingua inglese Ekathimerini (leggi), Atene si è detta disposta ad appoggiare la candidatura della Turchia al Segretariato generale dell'Organizzazione marittima internazionale, mentre Ankara darà parere favorevole alla designazione della Grecia come membro non permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La stessa notizia è stata data – con maggiore enfasi – dal sito (sempre in inglese) del quotidiano turco Daily Sabah (leggi). In italiano ha riferito l’ANSA (leggi).

 

Il serissimo ed istituzionale sito della Consob (l’Autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari) ha un’intera sezione (qui il collegamento) dedicata alla cosiddetta “crisi dei tulipani”, la bolla speculativa sui bulbi di tali fiori che scoppiò in Olanda nel 1637 con gravissime conseguenze per l’economia del paese. Se la Consob dà tanto rilievo all’episodio ormai vecchio di quasi quattro secoli è perché quella dei tulipani è rimasta nella storia come la prima crisi finanziaria generata da pure attività speculative. La crisi dei tulipani è menzionata anche in un articolo (leggi) pubblicato sul sito Geopolitica.info nel quale si tenta un’analisi delle possibili conseguenze delle recenti crisi bancarie scoppiate negli Stati Uniti e in Svizzera: al di là degli effetti immediati su azionisti, obbligazionisti e semplici clienti, crolli di questo tipo rischiano di produrre effetti a catena che possono anche giungere a condizionare scelte politiche.

 

Anche se in tutti gli Stati membri dell’UE ci sono politici che si sono schierati contro l’invio di armi all’Ucraina, solo in Ungheria è lo stesso Primo ministro ad operarsi per ostacolare l’appoggio militare a Kiev e ad opporsi finanche alle sanzioni contro la Russia. Viktor Orbán si atteggia ormai da anni “pecora nera” dell’Unione europea, perorando cause che sempre hanno a che fare con una sua visione molto radicata del nazionalismo ungherese. Il fatto che non condanni l’occupazione da parte dei russi di territori ucraini in cui vivono minoranze russofone non può tuttavia non suscitare preoccupazioni. Minoranze ungheresi di proporzioni significative sono presenti in Serbia, in Slovacchia e in Romania. I tifosi della nazionale ungherese hanno ora ottenuto il permesso di usare vessilli con l’effige del loro paese in base ai confini di inizio XX secolo, quindi inclusivi dei territori che ora ospitano quelle minoranze. Ciò non significa che l’Ungheria voglia invadere militarmente i propri vicini, ma di questi tempi il segnale non è certo confortante. Ne ha scritto BalkanInsight: leggi.

 

A pochi giorni dalle elezioni italiane dello scorso settembre, un’uscita pubblica di Ursula von der Leyen in merito agli strumenti a disposizione dell’UE in “caso le cose dovessero andar male” fu interpretata come un attacco alla destra, considerata sovranista ed antieuropea ma data per vincente dai sondaggi (qui come commentò all’epoca Euronews). I sondaggi avevano visto giusto e von der Leyen fu lesta a congratularsi con Giorgia Meloni appena quest’ultima divenne Presidente del Consiglio (qui il resoconto dell’agenzia Nova): com’è giusto che sia, le Istituzioni devono dialogare e così è stato finora tra il nuovo Governo italiano e la Commissione europea. Ciò non toglie che a Bruxelles l’attenzione nei confronti dell’Italia rimane alta. Politico.eu, uno dei giornali online più seguiti negli ambienti comunitari – e che in tali ambienti ha ottimi agganci – ha pubblicato alla vigilia del vertice dei capi di Stato e di Governo un’analisi dell’operato di Meloni. Il giudizio è positivo per l’atteggiamento finora adottato, ma i toni diventano molto meno rassicuranti quando vengono esaminati i problemi ancora sul tavolo: leggi.