La Tunisia, il paese che ha dato il via al breve periodo delle cosiddette “primavere arabe”, sembra avviata a seguire il sentiero percorso da tante nazioni scivolate quasi per inerzia dalla democrazia alla dittatura. Nel 2019, elezioni democratiche hanno portato alla Presidenza del paese Kaïs Saïed, un professore universitario le cui parole d’ordine erano “diritto e giustizia”. Sfruttando la crisi indotta dall’emergenza del Covid19, Saïed ha successivamente depotenziato il Parlamento e modificato la Costituzione, salvaguardando le apparenze democratiche ma concentrando di fatto il potere nelle sue mani. La situazione economica è andata nel frattempo deteriorandosi, e sta mettendo a dura prova la popolazione. E così, come spesso succede ai regimi dispotici in difficoltà, anche la Tunisia di Saïed sta cercando si sviare l’attenzione dell’opinione pubblica verso un “nemico esterno”, individuato nei clandestini subsahariani presenti nel paese. Se solo pochi anni fa (2016) il Primo ministro dell’epoca invocava una legge contro la discriminazione razziale (ne ha scritto nel 2017 il periodico Dialoghi mediterranei: leggi), ora il Presidente si scaglia contro i migranti neri gridando addirittura al “complotto per modificare la demografia della Tunisia”, come riporta Internazionale.it: leggi.
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