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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 22/10

Balcani nell’Ue: si riparte dallo spirito di Trieste”: così titolava Affari Internazionali riferendo in merito al quarto vertice del “Processo di Berlino” tenutosi appunto a Trieste nell’estate del 2017 (leggi). Si sa però che, se non viene custodito con cura, lo spirito evapora facilmente. A distanza di sei anni, il nono vertice si è svolto il 16 ottobre in Albania (per la prima volta in un paese candidato), in un contesto internazionale di grande preoccupazione per la situazione geopolitica e di progressi ancora scarsi sulla via dell’allargamento dell’UE ai Balcani occidentali. Difficilmente si parlerà quindi di uno “spirito di Tirana” e lo scarso rilievo che l’evento ha avuto sui mezzi di comunicazione (ne ha scritto – lodevolmente – il Piccolo di Trieste e un’utile analisi è stata pubblicata da EUNews con un titolo significativamente simile a quello sopra ricordato: leggi) sembra testimoniare di un fondamentale disinteresse per una regione invece cruciale per l’Europa e per l’Italia in particolare. Le conclusioni del vertice, formulate in tono burocratico e quasi scialbo, sono state pubblicate sul sito del Ministero degli Esteri albanese (leggi).

 

La storia dei politici e delle formazioni collaborazioniste nei territori occupati dai tedeschi nel corso della Seconda guerra mondiale non è ancora stata completamente scritta. Abbondano non di meno le polemiche sull’importanza, l’entità e il radicamento popolare di esperienze delle quali è impossibile negare l’esistenza. Solo per fare un esempio vicino a noi, si pensi ad alcune prese di posizione di Boris Pahor – forse inattese – dalle quali traspare comprensione per i domobranci sloveni ed esecrazione per la loro sorte (si veda il secondo dei due articoli ripubblicati da Micromega all’indomani della morte dello scrittore triestino: leggi). Evocando anche solo implicitamente un’idea di continuità con episodi di collaborazionismo in territori dell’Unione sovietica occupati dalla Wehrmacht, Vladimir Putin ha giustificato l’”operazione speciale” contro l’Ucraina anche con la necessità di eliminare una classe dirigente “nazista”. Si tratta ovviamente di un paradosso propagandistico. Non si può tuttavia negare che forze nazionaliste ed estremiste sono tradizionalmente presenti nel panorama politico ucraino. La loro capacità di influenzare le dinamiche politiche negli ultimi decenni è illustrata da un articolo di un ricercatore italo-ucraino pubblicato sul sito dell’Osservatorio Balcani Caucasoleggi.

 

La guerra era ancora in corso quando (febbraio 1945) l’idea di sostituire la vecchia “Società delle Nazioni” con una nuova “Organizzazione delle Nazioni Unite” trovò esplicita formulazione nelle conclusioni del vertice di Jalta. Analogamente, è mentre ancora infuriano i conflitti ai suoi margini che l’Unione europea deve rinnovarsi quanto serve per essere in grado di fronteggiare da protagonista il prossimo dopoguerra. A gennaio di quest’anno, i governi francese e tedesco hanno chiesto ad un gruppo di dodici esperti di presentare proposte sul futuro istituzionale dell’UE, partendo dal presupposto che l’Unione deve ripensare “la sua geografia, le sue istituzioni, le sue competenze e il suo finanziamento”. Il rapporto, che propugna la tutela dello Stato di diritto, il superamento dell’unanimità e la formalizzazione dell’integrazione a più velocità, è stato presentato pubblicamente al Consiglio Affari generali del 19 settembre. Un sunto dettagliato in italiano del rapporto (il cui testo integrale in inglese è disponibile sul sito del Ministero degli esteri tedescoleggi) è stato pubblicato da Le Grand Continent (leggi) e contiene alcuni interessantissimi spunti di riflessione. 

 

Sta progressivamente affiorando, nelle opinioni pubbliche europee, un sentimento di intimo travaglio suscitato sia da fenomeni radicati nel tempo (migrazioni, crisi economica), sia da altri più inaspettati come le guerre combattute sul territorio del vecchio continente (Ucraina) o in prossimità dei suoi confini (Caucaso, Medioriente). A tale travaglio vanno probabilmente attribuiti la sensazione di stanchezza nei confronti del sostegno all’Ucraina (si veda l’articolo sul sito della Fondazione Luigi Einaudi del settembre scorso: leggi), ma anche lo sgomento per l’indicibile violenza del conflitto mediorientale. Forse la riflessione individuale e collettiva su questi fatti sta portando ad una riconsiderazione di alcuni valori del nostro vivere civile, che comincia a tradursi in nuovi orientamenti elettorali. Oltre al caso della Polonia, che ha avuto grande rilievo su tutta la stampa, va segnalato quello delle elezioni amministrative greche, dove la destra al Governo ha subito una nettissima sconfitta, compresa la perdita delle due principali città del paese, Atene e Salonicco, come ha riferito Kathimerinileggi.

 
 

Tra le notizie eminentemente politiche solitamente riprese da questa rassegna stampa, includiamo questa settimana una notizia di economia, scienza comunque tutt’altro che immune dai condizionamenti della politica. Il dibattito in corso in Italia sull’eventuale introduzione di un salario minimo legale ha tra l’altro evidenziato il grave problema di fondo della progressiva perdita di valore dei salari reali. Sul sito dell’Associazione Adapt, fondata da Marco Biagi, è apparso un interessante articolo (leggi) a commento di un recente rapporto della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (scaricabile qui). Una delle conclusioni indica, per i tre paesi presi in esame (Francia, Germania ed Italia), che in assenza di forme di indicizzazione i “salari negoziati [nell’ambito di contrattazioni collettive] non sono stati in grado di tenere il passo con l’andamento dell’inflazione”. Andrà pertanto analizzata con attenzione la notizia che nel Regno Unito, dove pure l’inflazione supera quella dell’Eurozona, tra giugno ed agosto di quest’anno la crescita dei salari medi è stata più ingente (7,8%) di quella dei prezzi (6,8%), come riferisce la BBCleggi.

 


Anche se l’attenzione delle opinioni pubbliche e dei media è focalizzata sui conflitti sanguinosi che infuriano vicino a noi provocando coinvolgimento emotivo ed umana compassione, non si ferma il lavorio della politica. Si stanno intensificando proprio in questi giorni gli incontri e le riunioni sulla riformulazione del patto di stabilità e crescita prima che le sue regole tornino d’applicazione (il 1° gennaio 2024) dopo la sospensione per l’emergenza pandemica. La posta in gioco è stata chiaramente descritta in un articolo de Lavoce.info di qualche mese fa (leggi). Con l’avvicinarsi della scadenza di fine anno però, le posizioni negoziali si irrigidiscono. Delle divisioni interne all’UE ha scritto in particolare Formiche.net (leggi), ed anche Euractiv (leggi). Per un’analisi più generale e ponderata, si suggerisce la lettura dell’articolo pubblicato sul sito di Conquiste del Lavoro, organo d’informazione della CISL (leggi). 

 
SAVE THE DATE
 
Care amiche e cari amici di Dialoghi Europei,
rieccoci a voi con un nuovo evento che siamo sicuri riscuoterà il vostro interesse.

Giovedì prossimo, 26 ottobre, alle ore 17:00, presso il Circolo della Stampa di Trieste, avrà luogo una  conferenza di estrema attualità, viste le drammatiche notizie che ci giungono, in questo periodo così travagliato, da varie parti del mondo, dal titolo
 
"GIORNALISTI RIFUGIATI E MEDIA IN ESILIO: RACCONTARE I REGIMI DALL'ESTERO"

La conferenza è organizzata da Dialoghi Europei e l'Ordine dei giornalisti FVG in collaborazione con Assostampa FVG e "Articolo 21" e vedrà come principale relatore Simone Benazzo, in dialogo con Giuseppe Giulietti e Fabiana Martini.
Introdurranno Cristiano Degano, presidente Ordine dei giornalisti FVG, e Giorgio Perini, presidente di Dialoghi Europei.
vi aspettiamo numerosi!