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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 27/04/25

 
Pur se per motivi diversi, le dinamiche interne e il posizionamento strategico dei paesi affacciati sulla sponda meridionale del Mediterraneo sono seguiti con grande attenzione (e non di rado con preoccupazione) dai loro dirimpettai della sponda europea. Quello che attualmente sembra suscitare meno apprensioni è il Marocco.

Dopo anni di aspre tensioni in particolare con la Spagna, si è aperta una fase di distensione: il riconoscimento da parte di Madrid della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale nel 2022 ha infatti permesso un rapido miglioramento dei rapporti (l’evoluzione del contenzioso è stata illustrata nel 2023 da euronewsleggi).

Non solo la Spagna ma anche molti altri Stati membri e le Istituzioni europee considerano fondamentale la cooperazione e il “buon vicinato” con Rabat.

Se ne è avuta conferma a fine 2024 quando una sentenza della Corte di Giustizia ha annullato gli accordi commerciali UE-Marocco del 2019 in materia di pesca e prodotti agricoli in quanto “non rispettano il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi, il cui parere non è stato acquisito” (come riferito da Nigrizialeggi; la sentenza è disponibile su EURLexleggi e un interessante commento in chiave giuridica è proposto da Diario di diritto pubblicoleggi).

Il giorno stesso della sentenza, la Presidente della Commissione von der Leyen e l’Alto rappresentante pro tempore per la politica estera Borrell hanno dichiarato che “in stretta collaborazione con il Marocco, l’UE intende fermamente preservare e continuare a rafforzare le strette relazioni con il Marocco in tutti i settori del partenariato Marocco-UE” (riportato dall’ANSAleggi).

Analoga posizione è stata assunta da varie capitali, come riferito dall’agenzia GEAleggi. Sull’onda dell’approccio quanto meno pragmatico dei vertici dell’Unione, il Governo di Madrid ha ora adottato una Strategia Spagna-Africa 2025-2028 (leggi sul sito del Ministero degli esteri spagnolo) che “si distingue per la totale assenza di qualsiasi riferimento al Sahara come entità separata” come segnalato con soddisfazione dal portale marocchino d’informazione Walawleggi.
 
Parole chiave: Marocco, Partenariato, Popolo saharawi
La reazione dei paesi nordici all’aggressione russa dell’Ucraina si è distinta da subito per fermezza e rapidità nelle scelte strategiche: fin dalla primavera 2022, Finlandia e Svezia hanno abbandonato la storica neutralità chiedendo l’adesione alla NATO, approvata rispettivamente nel 2023 e 2024 (una breve ma interessante analisi della richiesta di adesione venne pubblicata dall’ISPI già il 1° giugno 2022: leggi).


Per una coincidenza (probabilmente non voluta), l’ingresso formale della Finlandia nell’Alleanza atlantica (4 aprile 2023) è avvenuto a due giorni di distanza dalle elezioni politiche che hanno visto la grande crescita dell’estrema destra del Partito dei Veri Finlandesi (Perussuomalaiset): un commento ai due eventi è stato proposto sul sito dell’Università di Padova (leggi); vi si sottolinea come il risultato elettorale abbia “ribaltato lo scenario politico, assecondando un «vento di destra» che sempre più si sta affermando in Europa”.

Se tale “vento” continua a soffiare con forza in molti paesi del nostro e di altri continenti, proprio in Finlandia sembra essersi attenuato. Come ha riferito l’Helsinki Times il giorno dopo le elezioni amministrative (comunali e regionali, tenutesi il 13 aprile), il Perussuomalaiset è inaspettatamente crollato mentre il partito socialdemocratico ha trionfato nelle principali città del paese (leggi).

In un primo commento a caldo, la versione in spagnolo dell’Huffpost ha segnalato che: “gli analisti indicano due fattori chiave per comprendere il crollo elettorale dell’estrema destra in Finlandia: da un lato, la scarsa partecipazione dei suoi elettori in questo tipo di elezioni; dall’altro, il malcontento provocato dai tagli promossi dalla coalizione di destra [al governo del paese – NdC] per ridurre il debito pubblico, che hanno colpito servizi pubblici come sanità, istruzione e prestazioni sociali” (leggi).
 
Parole chiave: Finlandia, NATO, Elezioni, Destra
 
Innumerevoli sono ormai i temi politici ed economici a proposito dei quali si indulge nell’affermare che, dopo l’attacco russo all’Ucraina iniziato nel febbraio 2022, “nulla sarà più come prima”. Ciò è senz’altro vero per quanto concerne la struttura dell’approvvigionamento energetico dei paesi europei (ha illustrato i dati essenziali al 2024 una scheda elaborata dalla Commissioneleggi).
Il processo continua con iniziative volte a ridurre gli acquisti diretti dalla Russia, ma anche con un aperto rilancio delle attività di prospezione e sfruttamento di risorse fossili nazionali, con buona pace degli impegni riconducibili al Green deal europeo.

La Bulgaria ha ad esempio firmato in questi giorni un accordo con Shell per la ricerca di gas e petrolio nel Mar Nero (come riferito dalla Reutersleggi), attuando quanto paventato nel 2023 dalla ONG Environment South East Europe (leggi).

La Repubblica ceca invece ha raggiunto l’obiettivo di azzerare le proprie importazioni di petrolio da Mosca, ed è ora rifornita esclusivamente tramite l’oleodotto TAL alimentato dalle petroliere che attraccano al porto di Trieste (ne hanno scritto la piattaforma di notizie finanziarie Invezz – leggi – e EUNews – leggi).

Quanto la problematica inerente all’approvvigionamento e alla gestione dell’energia sia d’attualità in Europa e più particolarmente nei Balcani è suggerito anche dall’avvio in Macedonia del Nord della procedura parlamentare per il completo adeguamento della legislazione in materia alle disposizioni vigenti nell’UE – come riportato da CEEnergyNewsleggi).
 
Parole chiave: Approvvigionamento energetico, Bulgaria, Repubblica ceca, Macedonia del Nord
Entro il primo marzo 2026 la Croazia sarà liberata dall’incubo delle mine, disseminate durante il conflitto tra il 1991 e il 1995”. Queste parole, riportate sul sito del gruppo editoriale NEM (leggi), sono state pronunciate il 26 marzo scorso dal Ministro degli interni croato Davor Božinović.
Il ministro ha anche ricordato che per raggiungere questo risultato la Croazia ha finora investito oltre un miliardo di euro: utile tener presente che, a seconda del modello e delle caratteristiche, “le mine antipersona costano da 3$ a 30$” l’una, come si legge in un breve studio sul sito Landminefree.org. (Lo studio presenta anche una scioccante analisi fattuale della situazione in Egitto, paese tra i più “contaminati” dalle mine.)

Per un’ironia invero crudele della storia, l’annuncio del ministro Božinović è intervenuto a pochi giorni di distanza da quello (leggi sul sito del Governo polacco) dei Ministri della Difesa di Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia (cui si è aggiunta la Finlandia: leggi il dispaccio Reuters) sul ritiro dalla Convenzione di Ottawa. ù

Quest’ultima, ufficialmente denominata “Convenzione sul divieto d’impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione” (il testo è sul sito dedicato: leggi), sembrava un baluardo di civiltà: firmata nel 1997, è stata ratificata da tutti gli Stati membri dell’UE e da moltissimi altri paese (anche se non da Russia, Israele, Cina, Stati Uniti ed altri).

Il ritiro deciso dai cinque Stati membri nordici (benignamente definito “controverso” da un articolo di Euronewsleggi) rende attualissime le parole pronunciate dal Presidente Mattarella il 16 marzo 2023 a Nairobi, riferite da Lapresse.it: “La brutale aggressione della Federazione Russa all’Ucraina sta riportando i rapporti internazionali indietro di ottant’anni, quasi che non ci sia stato, in questo arco di tempo, un mirabile progresso sul terreno della indipendenza, della libertà e della democrazia, della crescita civile” – leggi).
 
Parole chiave: Mine antipersona, Croazia, paesi nordici
Atlantic Council, centro studi con sede a Washington, fondato nel 1961 per promuove la leadership globale degli Stati Uniti e la cooperazione transatlantica, è entrato nelle cronache politiche italiane soprattutto in occasione del conferimento a Giorgia Meloni del “Global Citizen Award”, e delle polemiche associate (ne scrisse l’ANSAleggi).

In realtà questo think tank fondamentalmente bipartisan è noto per le sue analisi su sicurezza, geopolitica ed economia internazionale.
Ha recentemente pubblicato un’interessante riflessione sulla crisi della democrazia liberale e lo scivolamento verso l’autoritarismo, segnalando quattro casi (europei: Georgia, Ungheria, Serbia e Turchia) che sembrano testimoniare come un risveglio civile, soprattutto da parte delle giovani generazioni, possa mettere in discussione la vocazione illiberale di leader autocratici (leggi).

Negli ultimi ottant’anni la parola democrazia è stata il contenitore di molti concetti che ad essa sembravano connaturali: stato di diritto, separazione dei poteri, libertà di parola, di religione, di intrapresa economica. Ma da quando Viktor Orbán ha teorizzato lo “stato illiberale” (il 26 luglio 2014: “io non penso che la nostra adesione all’UE ci precluda la possibilità di costruire un nuovo stato illiberale su fondamenta nazionali” – citato da EUNewsleggi) lo scenario è mutato e, come recita il titolo della serie di conferenze che Dialoghi europei ha avviato e continuerà ad organizzare nei mesi a venire, siamo confrontati a “democrazie sofferenti”. In verità il problema era sul tavolo da ben prima del 2014. In una ventina di pagine ricche di informazioni ed analisi, l’edizione di Foreign Affairs del 1° novembre 1997 proponeva un breve saggio di Fareed Zakaria intitolato “Il sorgere della democrazia illiberale” (leggi sul sito Studocu).
 
Parole chiave: Democrazia, Liberalismo, Illiberalismo, Autocrazia