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Rassegna stampa di testate nazionali e internazionali a cura di Paolo Gozzi - 07/01

Il 1° gennaio la presidenza del Consiglio dell’UE è stata assunta dal Belgio (il programma è disponibile sul sito dedicato – leggi), alla conclusione del semestre spagnolo (leggi il lancio dell’Agensir). Delle sfide attese ed inattese che ha dovuto affrontare il Governo di Madrid e di quelle che attendono quello di Bruxelles ha scritto il sito della Friedrich Naumann Foundation (leggi). Per il Primo ministro belga Alexander De Croo, liberale fiammingo che guida una coalizione eterogenea di sette partiti, il compito sarà arduo: dovrà tra l’altro portare a conclusione la revisione del bilancio dell’Unione, nonché formalizzare l’accordo sulla politica migratoria raggiunto a fine 2023. Tutto ciò nella prospettiva ravvicinata non solo delle elezioni europee, ma anche di quelle nazionali (federali e regionali) che si terranno congiuntamente il 9 giugno. La politica belga è condizionata dalla complessa struttura federale del paese (ne dà un’idea un articolo di Politico.eu dello scorso settembre: leggi), cui si aggiunge oggi l’ascesa della destra più estrema nelle Fiandre e della sinistra con nostalgie staliniste in Vallonia e soprattutto nella capitale: ne riferiscono Politico.eu (leggi) e il sito lussemburghese Virgule (leggi).

 

Per dare continuità all’azione dello Stato membro che esercita la presidenza semestrale del Consiglio dell’UE, i Trattati prevedono una forma di cooperazione tra tale Stato membro e quelli i cui turni di presidenza sono immediatamente precedente e successivo. Comunemente definita la “troika”, questa triade di paesi chiamati a collaborare sui più cruciali temi di politica estera (ma non solo) è attualmente formata da Spagna, Belgio ed Ungheria (lo ricorda il sito del Consiglio: leggi). Vista la posizione estremamente critica dell’Ungheria nei confronti dell’operato dell’UE, la sua partecipazione alla troika e, ancor più, la prospettiva della sua presidenza di turno nel secondo semestre 2024 suscitano perplessità e preoccupazione. Già nel giugno scorso alcuni europarlamentari avevano cercato di bloccare l’accesso di Budapest al turno di presidenza, ma l’iniziativa non si è concretizzata (ne scrissero Europa Todayleggi e il Postleggi). Da parte ungherese l’opportunità di esercitare una reale funzione d’indirizzo nella politica dell’Unione è salutata con toni quasi provocatori, come testimonia un articolo del quotidiano Magyar Nemzet, molto vicino a Viktor Orbán: leggi. Di tutt’altro parere è invece un editoriale del Washington Post, secondo il quale la posizione del Primo ministro ungherese rappresenta una “tragedia” che, “per gli ungheresi e per l’Europa, diventerà una farsa l’estate prossima, quando l’Ungheria assumerà la presidenza” del Consiglio dell’UE: leggi.

 

Le elezioni politiche ed amministrative del 13 dicembre 2023 in Serbia sono state molto probabilmente viziate da brogli, ma al netto delle irregolarità si deve riconoscere che il Partito Progressista Serbo (SNS) del Presidente Vučić ha conseguito un netto successo. Un commento in merito ai primi risultati era apparso su Euractivleggi. Come segnalato dalle corrispondenze pubblicate dal Piccolo di Trieste (non disponibili in libera lettura), le opposizioni sono scese ripetutamente nelle strade per protestare, ma – almeno finora – con una partecipazione inferiore alle aspettative, come riporta un articolo apparso sul sito Meridiano 13: leggi. Osservatori del Parlamento europeo hanno denunciato molti episodi al limite della frode elettorale, mentre assai più cauta è stata la Commissione, come non ha mancato di sottolineare EUNewsleggi. Di fatto si fa strada in alcuni commenti la sensazione che, come spesso successo nei rapporti tra l’UE e i paesi dei Balcani occidentali, la stabilità sia considerata sempre e comunque un vantaggio per tutti gli interlocutori. Lo denuncia, in termini decisi, un articolo di Balkan Insightleggi.

 

Nei loro tradizionali messaggi di fine anno, il Cancelliere Scholz (come scrive l’agenzia AP Newsleggi), il Presidente Macron (riportato dall’ANSAleggi), il Re di Spagna Felipe VI (riferisce il sito Sur in inglese: leggi) e molti altri capi di Stato e di Governo dell’UE hanno ricordato come il 2024 sia l’anno delle elezioni europee e quanta e quale importanza l’Unione rivesta per i cittadini degli Stati membri. Sorprende in questo contesto che nel discorso pronunciato la sera del 31 dicembre dal Presidente Mattarella l’Europa sia stata totalmente assente, contrariamente a quanto avvenuto in passato (tutti i messaggi presidenziali sono disponibili sul sito del Quirinaleleggi). Gli apprezzamenti quasi unanimi di politica e stampa per le parole di Mattarella hanno apparentemente tralasciato di sottolineare questo aspetto, che non è sfuggito tuttavia al sito Peacelink, un cui articolo (leggi) ha ripreso anche una nota critica del Movimento europeo. La salda e profonda fede europeista di Sergio Mattarella è tuttavia ben nota agli italiani e agli europei. È possibile che la scelta di concentrarsi su altri temi sia stata dettata anche dal fatto che solo qualche settimana fa il Presidente aveva pronunciato un discorso il cui messaggio era, ancora una volta, improntato all’esigenza di rafforzare l’Unione europea e il ruolo che al suo interno deve esercitare l’Italia (il discorso aveva attirato l’interesse anche di Euractivleggi).

 

Annunciato pochi giorni prima di Natale, l’accordo sulla modifica del patto di stabilità e crescita ha trovato notevole spazio sui mezzi d’informazione, ma il tecnicismo della materia ha indotto spesso a spostare l’attenzione sulle contrapposte visioni dei paesi europei, piuttosto che sugli adeguamenti dei meccanismi economico-finanziari. Ha cercato di fornire un sunto comprensibile anche ai non esperti Avvenireleggi. Resta il fatto, tuttavia, che il dibattito che ha portato all’accordo ha messo ancora una volta in evidenza i diversi approcci alla gestione delle finanze pubbliche negli Stati membri, rilanciando il confronto su concetti cardine della moderna macroeconomia. (A tale riguardo può essere utile scorrere la breve recensione di un libro di Giorgio La Malfa proposta sul sito dell’ABIleggi.) La Germania, storico capofila dei cosiddetti “frugali”, è sembrata uscire vincente da tale confronto, ma in realtà è essa stessa in posizione delicata, come ha illustrato (con una certa veemenza) un articolo pubblicato da Il Grand Continent (leggi). Per l’Italia la nuova versione del patto dovrebbe suscitare più di qualche preoccupazione, anche se, come ricorda l’analisi, a volte dura, apparsa su Jacobin (leggi), “nelle 114 violazioni del Patto registrate dal 1999 al 2016 a nessun paese è stata comminata una multa”. Forse anche questa volta la decisione di compromesso è stata dettata da esigenze tattiche a scapito di una visione più strategica.

 

I padri costituenti che lo posero a fondamento della nostra Repubblica difficilmente avrebbero potuto immaginare le trasformazioni che il lavoro era destinato a subire negli anni. Resta valido l’assunto marxiano (ricordato in un bell’articolo del Sole24oreleggi) secondo il quale il lavoro è l’unico fattore “che produce più valore di quanto non ne richieda per la sua rigenerazione”, ma quel surplus sembra avviato a crescere sempre più a scapito delle retribuzioni. Questa evoluzione è alla base del fenomeno della crescente indigenza di molti lavoratori, anche quando possono contare su un salario stabile (molto chiara a questo proposito una ricerca dell’OSCEleggi). Del resto, la precarizzazione del lavoro è in atto da molti anni, come si può dedurre dalle statistiche pubblicate dall’ISTAT (leggi), e anche da Eurostat (leggi). Che il lavoro sia sempre più povero e precario lo evidenzia anche uno studio della CGIL apparso sul sito Collettivaleggi. Considerando la crescente rilevanza assunta in anni recenti dalla cosiddetta gig economy (una definizione è sul vocabolario Treccanileggi), e del fatto che molti degli occupati in questo settore appartengono, per le caratteristiche intrinseche del tipo di impiego, alla categoria dei lavoratori poveri, la Commissione e il Parlamento europeo avevano messo a punto una direttiva che ne migliorasse le condizioni occupazionali (sul sito del Consiglio maggiori ragguagli: leggi). A sorpresa tuttavia i rappresentanti degli Stati membri hanno bocciato l’iniziativa, come riportato da Euronewsleggi.